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    Sulle tracce del Re del Mondo e della mitica Agartha

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    Sulle tracce del Re del Mondo e della mitica Agartha Empty Sulle tracce del Re del Mondo e della mitica Agartha

    Messaggio  aryale1985 Mer Mar 30, 2011 4:08 pm

    Sulle tracce del Re del Mondo e della mitica Agartha The_wo10

    Una delle opere più interessanti di René Guenon è sicuramente il “Re del Mondo“, pubblicata per la prima volta nel 1924. In questo saggio, il noto studioso si sofferma su due scritti precedenti: “Mission de l’Inde” di Saint-Yves d’Alveydre e “Bestie, uomini e dei” di Ferdinand Ossendowski, inoltre, cita, con scarso entusiasmo, “Les fils de Dieu”, di Luis Jacolliot.
    Sia d’Alveydre che Ossendowski, pur interessandosi di aree geografiche diverse, suppongono l’esistenza di Agartha, un regno sotterraneo, abitato da iniziati e governato da un monarca con straordinari poteri: il Re del Mondo.
    Celebre, a tal proposito, è un passo di “Bestie, uomini e dei”: “La terra e il cielo cessavano di respirare. Il vento non soffiava più, il sole si era fermato. In un momento come quello, il lupo che si avvicina furtivo alla pecora si arresta dove si trova; il branco di antilopi spaventate si ferma di botto [...]; al pastore che sgozza un montone cade il coltello di mano [...] Tutti gli esseri viventi impauriti sono tratti involontariamente alla preghiera e attendono il fato. Così è accaduto un momento fa. Così accade sempre quando il Re del Mondo nel suo palazzo sotterra prega e scruta i destini di tutti i popoli e di tutte le razze”. Ossendowski riferisce di aver raccolto numerose prove sull’esistenza di questo straordinario impero ipogeo.
    Ad esempio, lungo le rive dell’Amyl, alcuni anziani gli narrarono di un’antica tribù che sfuggì alle armate di Gengis Kan, rifugiandosi in immense caverne. Più tardi, presso il lago Nogan Kul, un Sojoto gli mostrò un antro fumante, assicurandogli che era l’ingresso d’Agharta. Desideroso di saperne di più, l’avventuroso polacco condusse ulteriori ricerche ed apprese che, migliaia di anni orsono, un santo uomo scomparve con la propria gente in una misteriosa regione ctonia.
    In seguito, pochi coraggiosi l’avrebbero visitata ma nessuno sarebbe stato in grado di ubicarla. Perciò alcuni la pongono in India, altri in Afghanistan, altri ancora nell’Asia centrale.
    Sembra certo, comunque, che Agartha sia un luogo felice, popolato da milioni di anime che coltivano scienza e saggezza; ne è signore il “Re del Mondo”, al quale sono demandati i destini dell’umanità intera.
    Quali siano le origini di questa irnerica contrada rimane un mistero, anche se Ossendowski sembra riferirsi ad Atlantide: “Voi sapete che i due oceani più grandi, ad est e ad ovest, furono già due continenti. Disparvero sott’acqua; ma i loro popoli passarono nel regno sotterraneo”.
    Nel proseguo della sua singolare opera, l’autore fornisce un ulteriore dettaglio: il regno nascosto si estenderebbe sotto la crosta dell’intero pianeta, fino a raggiunge il Nuovo Mondo.
    È interessante notare come, in America latina, accanto alle tradizioni Maya e Tolteche, coesista la saga della “Terra senza male” delle etnie Tupi-Guaranì che credono in un luogo appartato privo di dolore e di morte. La pace e la gioia vi regnerebbero sovrane e per chi fosse capace di raggiungerlo, vi sarebbe un’eterna beatitudine. Anche Aghartha è una regione priva di male, giacché vi brilla una particolare luce, capace di far germogliare le piante e di assicurare salute e longevità.
    È evidente la parentela fra quanto supposto e il “vril”, invenzione di Sir Edwuard Bulwer-Lytton che ebbe, fra Ottocento e Novecento, un’indubbia fama.
    La descrizione della reggia del Re del Mondo ricorda, invece, il Potala, la residenza del Dalai Lama a Lhasa. Il palazzo, infatti, si erge sulla sommità di un’altura e domina santuari e monasteri, abbarbicati alle sue pendici.
    Le liturgie agarthiane, descritte da Ossendowski, sono infine, un mix, di culti e credenze asiatiche, ad iniziare da quelle tantriche ed implicano esseri disincarnati, viaggi extracorporei, facoltà taumaturgiche e colloqui con i defunti.
    Al vertice di questo paese segreto vi è il Re del Mondo. Egli prega, governa, giudica e conosce i progetti dei potenti; se sono buoni facilita la loro realizzazione, altrimenti li fa fallire. Solo lui ha, inoltre, facoltà di entrare nel grande tempio, ove, fra lingue di fuoco, ascolta la voce di Dio.
    Alcune volte, per brevi periodi, il signore d’Agartha ha lasciato il suo regno.
    Apparve nel Siam e in India, su un carro tirato da elefanti bianchi, era vestito con una clamide candida e una tiara rossa, abiti e arredi erano impreziositi da metalli e pietre d’immenso valore. Benediceva il popolo con un gioiello d’oro e così facendo sanava ogni male.
    La sua ultima apparizione risale alla fine dell’Ottocento, quando si mostrò nel monastero di Narabanci. In quell’occasione profetizzò che la prima metà del nuovo secolo sarebbe stata caratterizzata da peccati e corruzione, sarebbero cadute le corone di grandi e piccoli re, la mezzaluna dell’Islam si sarebbe offuscata e ciò avrebbe portato avvilimento e povertà.

    Vi sarebbero stati terribili conflitti con milioni di morti, le catene della schiavitù sarebbero cadute per essere sostituite da quelle della fame. Per altri settantuno anni vi sarebbero state tre grandi nazioni, poi sarebbero seguiti diciotto anni di guerra e di distruzione, al termine dei quali le porte d’Agartha si sarebbero aperte.
    Molti cercarono invano di raggiungerla, mentre quei popoli erranti che, per caso, vi si avvicinarono ne restarono segnati per sempre. Così accadde per gli Oleti e gli Zingari che ebbero il dono di predire il futuro e di conoscere le virtù delle erbe. Altre tribù vi appresero, invece, l’arte di chiamare “gli spiriti dei morti quando aleggiano nell’aria”.
    Le notizie riportate da Saint-Yves d’Alveydre, non si discostano da quelle d’Ossendowski.
    Il Francese attesta, infatti, di aver incontrato numerosi iniziati, fra i quali il principe afghano Hardjij Sharif, che gli avrebbero narrato di Aghartha, un mondo sotterraneo fatto di cunicoli e grotte. Qui vivrebbe una comunità di giusti, governata da un “Supremo Maestro”; in tal luogo sarebbero conservate le testimonianze di tutte le civiltà della terra. I poteri degli Aghartiani sarebbero tali da distruggere il globo se qualcuno tentasse di combatterli, ipotesi, comunque, remota, dato che dispongono di “[...] mezzi psichici [...] come il produrre al momento opportuno una specie di ‘nuvola’ che impedisce alla coscienza, ancora non pervenuta al grado di percettività necessario, di vedere ciò che l’occhio si limita a captare”.
    Il d’Alveydre, amico di Papus e celebre esoterista affermò di aver desunto da Agartha la “sinarchia”, un modello organizzativo di tipo teocratico che rispecchierebbe il divino ordine cosmico. Egli afferma ne “L’Archéomètre”: “Non si tratta di distruggere né di conservare un qualsiasi ordine sociale, al di sopra degli Stati [...] poiché non ve ne è alcuno: bisogna crearlo. Dobbiamo formare [...] un governo comune, puramente iniziatico, emanazione stessa delle nostre nazioni, nel rispetto di tutto ciò che costituisce la loro vita interiore [...]“.

    Questa utopia politica, che ebbe un certo seguito negli ambienti di destra, prefigurava una società gerarchizzata, al cui vertice vi era la suprema camera metafisica.
    In realtà l’ideatore della “sinarchia” era stato Fabre d’Olivet che si era ispirato al mito ermetico dei “Superiori incogniti”, caro a un certo filone massonico e rosacrociano.
    D’Alveydre ebbe, comunque, il merito di averne diffuso l’idea, anche se il Meunier l’accusò di essere abile nello sfruttare le idee altrui e il Wirth, rincarando la dose, lo definì autore di un plagio.
    Nonostante le feroci critiche d’Alveydre fece scuola ed ispirò altri autori fra i quali Jean Marquès Rivière che, nel 1929, pubblicò il racconto di un immaginario viaggio in Tibet, ove un monaco imalahiano gli avrebbe rivelato che il regno di Agartha è “[ ...] nascosto e noialtri della ‘Terra delle nevi’ siamo il Suo Popolo. Il suo regno è per noi la terra promessa, Napamaku, e noi portiamo in cuore la nostalgia di questa contrada di Pace e Luce”.
    Le opere che abbiamo esaminato ebbero il pregio di oggettivare e diffondere una tradizione antichissima, presente nello stesso concetto orientale di monarchia.
    In Cina l’ideogramma di “Wang” re, è costituito da tre linee orizzontali e parallele che rappresentano il cielo, la terra e l’uomo, esse sono unite da un tratto verticale. Già in questo segno sono insite alcune caratteristiche del Re del Mondo: egli è l’intermediario fra il divino e l’umano, fra l’immanente e il trascendente. D’altra parte il “Wang”, vive fra gli uomini, ma discende dal cielo, inoltre, risiede al centro dell’impero, assumendo, così, un significato assiale. Parimenti lo “Chakravarti” indù, “colui che fa girare la ruota”, governa le quattro parti del mondo, assumendo quel valore simbolico del Ligan, che in seguito passò anche al Buddha.
    Nella cultura celtica il concetto di regalità è simile, dato che il monarca detiene la funzione di mediare fra divino ed umano, ciò consentì, ai missionari cristiani di evangelizzare facilmente l’Irlanda, traslando al Redentore le caratteristiche peculiari della regalità.
    Il sovrano, insomma, stabilendo un rapporto fra cielo e terra, consente di sacralizzare lo spazio e di offrire alla comunità armonia e prosperità. Affinché, la sintonia sia stabile è necessario, però, che l’umano contesto sia governato da leggi desunte dall’alto Di conseguenza il monarca è anche il legislatore o il discendente del legislatore, di colui che raccolse i comandamenti primigeni. Costui è, per molte culture, “Manu”, primo uomo e divinità eponima dei viventi, colui che salvandosi dal diluvio consentì il protrarsi della vita.
    Si legge nel Matsyapurana: “Nei tempi passati, un re di nome Manu, figlio del Sole, praticò una lunga ascesi [...]. Trascorso un milione di anni, Brahma, [...] fu compiaciuto e si presentò a lui per concedergli un dono, dicendo: ‘Scegli un dono’. Il re s’inchinò [...] e disse: ‘È uno solo il dono ineguagliabile che ti chiedo: che io possa proteggere le moltitudini di tutti gli esseri, mobili e immobili, quando avrà luogo la dissoluzione’. Colui che è il principio vitale di tutti acconsentì alla richiesta e svanì”.
    Così, quando giunsero le grandi acque, Manu sopravvisse e con lui il genere umano, anzi ebbe da Visnu, manifestatosi sotto l’aspetto di un pesce, i Veda: l’anello di congiunzione col sacro.
    La figura dell’Antenato – legislatore è tipica di molti popoli. Per gli Egizi è “Menes”, per i Celti “Menw”, per i Greci “Minosse”, per i Romani Numa, il re pontefice e, non a caso d’Alveydre, chiama il Re del Mondo “Sovrano Pontefice”.
    Questa parola è assai evocativa, in quanto, in origine, “pontifex” significava “costruttore di ponti” e, in effetti, il re ordinatore, è colui che costruisce una via fra il cielo e la terra. È il mediatore e, per gli Ebrei, il garante del patto con Dio, per ciò egli detiene un duplice potere.
    Tale caratteristica era tipica dei Re Magi, ai quali accenna Matteo e che, secondo l’apocrifo “Vangelo arabo siriaco dell’Infanzia”, giungevano dall’Oriente “[...] come aveva predetto Zaratustra”. Ancora più interessante è il “Vangelo Armeno”, per il quale, consegnarono al Redentore i “libri scritti e sigillati dalle mani di Dio”, ove era annunciato il riscattato dell’uomo.
    Questa leggenda, cara agli gnostici, narra che il testo segreto sarebbe stato consegnato da Adamo a Seth, per giungere, infine, al Cristo. La sua traccia più antica si trova nel “Libro della rivelazione di Adamo al figlio Seth”, ove il passaggio “abbiamo veduto la sua stella in Oriente e siamo venuti ad adorarlo”, avvicina i Magi ai sacerdoti mazdei che cercavano nel cielo i segni della ierofania del Saoshyant, il “Soccorritore”, il nato da una vergine, il discendente di Zaratustra, che avrebbe donato agli uomini l’immortalità.
    Vi è una certa affinità fra i Magi, annunciatori di salvezza e il “Giusto nascosto”, il “Nistàr” caro ad una tradizione cabalistica particolarmente diffusa fra le comunità hasidiche dell’Europa dell’Est.
    Tale concezione afferma che ogni generazione è guidata da “Trentasei Giusti”, nessuno ne conosce l’identità e fra loro si cela il Messia che si rivelerà alla fine dei tempi. I “Giusti” sono talmente misteriosi da non sembrare figli di questo mondo, ricordano per tanto Melchisedec, le cui caratteristiche sono simili a quelle del Re del mondo.
    Melchisedec compare in Genesi, dove si legge: “E Melchisedec, re di Salem, fece portare il pane e il vino; egli era sacerdote dell’Altissimo, e benedisse Abramo dicendo: benedetto sia Abramo dall’Altissimo, Signore dei Cieli e della Terra; e benedetto sia l’Altissimo, che ha messo i tuoi nemici nelle tue mani”.
    Melchisedec è sia monarca che sacerdote, regna su Salem, che significa pace, e il suo nome vuol dire “re di giustizia”. Salem, è un paese immaginario e Melchisedec non rientra in una genealogia; egli, come scrive Paolo, “è senza padre e senza madre” è, dunque, un simbolo del rapporto fra divino ed umano, per questo crisma il Patriarca del Popolo eletto.
    Riassumendo il Re del Mondo raccoglie in sé le caratteristiche del sire d’origine divina, del legislatore ancestrale e dell’eroe eponimo. Queste valenze gli consentono di organizzare la società che amministra secondo i criteri dell’ordine universale.
    Così, come l’universo ruota attorno al Creatore, l’umanità è guidata dal Re del Mondo che ne è il centro, l’asse portante. Egli è, dunque, un archetipo che, come sottolinea Guenon, si associa a quelli della rosa, del loto, della ruota, dell’albero primordiale o della vita, della svastica e del bethil. Queste figure esprimono l’immagine di un fisso che genera lo spazio sacro, disomogeneo, ordinato e pluriforme che si contrappone all’omogeneità spaziale del caos.
    Scrive Eliade: “L’esperienza religiosa della disomogeneità dello spazio è un’esperienza primordiale paragonabile alla fondazione del mondo. [...]. Quando il sacro si manifesta in un’ierofania, ciò non equivale soltanto ad una spaccatura nella omogeneità dello spazio; equivale anche alla rivelazione di una realtà assoluta, opposta alla non realtà della vasta distesa circostante. Il manifestarsi del sacro crea ontologicamente il mondo”.
    Il mito del Re del Mondo e della terra perduta d’Agartha, sono dunque simboli categoriali che rispondono all’esigenza umana di sacralizzare lo spazio e la società e di supporre il permanere di un rapporto fra creato e creante che, al di là delle umane sventure, garantisce la salvezza finale.
    di Luigi Pruneti©


    FONTE:www.enricobaccarini.com
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    Sulle tracce del Re del Mondo e della mitica Agartha Empty Re: Sulle tracce del Re del Mondo e della mitica Agartha

    Messaggio  Mirella Ven Apr 01, 2011 1:50 pm

    Sulle tracce del Re del Mondo e della mitica Agartha Agartha
    Il Re del mondo o Manu sarebbe, secondo alcune tradizioni dell’Asia centrale, il sovrano della città mitica di Agarthi (o Agartha, “l’inaccessibile”), il regno sotterraneo nascosto agli occhi degli uomini e popolato da esseri semidivini (gli ‘Arhat’, o “illuminati”), che si sarebbero rifugiati sottoterra per preservare dalla barbarie i loro poteri e le loro conoscenze.

    I primi riferimenti al mito del “Re del Mondo” sono in realtà recenti e si trovano nelle opere di Louis Jacolliot, Saint-Yves D’Alveydres e Ferdinand Ossendowski, che descrivono il regno sotterraneo di Agarthi e il suo Re, il Manu, un essere semidivino, la cui figura simboleggia l’intermediario fra il terreno e il divino.
    Sulle tracce del Re del Mondo e della mitica Agartha Map-re-del-mondo
    Agarthi è uno dei nomi più comuni usati per definire una civiltà nascosta all’interno dell’Asia centrale. Nel tantra Kalachakra del buddhismo tibetano viene descritto un regno simile, col nome di Shambhala. Nelle interpretazioni moderne, vi è una identificazione tra Shambhala e Agarthi. È un regno separato da una cintura di alte montagne e suddiviso in otto parti che formano come un fiore a otto petali in cui vi sono settantasei regni. Kalapa è la capitale di Shambhala-Agartha in cui ha sede il palazzo del sacerdote-re e questo regno è situato in India e coincidente col monte Meru o Polo Nord prima dello spostamento dell’asse terrestre, centro del mondo e terra originaria dell’umanità. Sarebbe situata in India nello stato di Orissa o vicino Benares. Il suo primo capo fu Suchandra, il capo attuale è Anirudda e il prossimo sarà Drag-po chor lo chan o Rudra chakrin, il corrucciato con la ruota. Secondo la profezia il Mahdi della tradizione islamica, discendente di Maometto, che viene definito l’ “ottavo” dopo Adamo, Noé, Abramo, Mosé, Gesù, Mani e Maometto, ingaggerà la guerra mondiale per il dominio planetario e instaurerà un impero mondiale. Così facendo si scontrerà con Shambhala e il suo sacerdote-re Rudra chakrin. Questi lo spazzerà via con l’aiuto delle forze soprannaturali e inizierà l’età dell’oro. Il Kalachakra tantra profetizza una guerra tra Shambhala e la Mecca e parla del pericolo per il buddhismo costituito dall’islam. Ma la battaglia finale avverrà in Iran tra Kalki e il leader musulmano.
    Sulle tracce del Re del Mondo e della mitica Agartha Samballa
    Dato che è improbabile che esistano ancora siti inesplorati (o addrittura regni sotterranei) probabilmente Shambhala non è che Sambhal situata nell’ Uttar pradesh. Questo lo afferma il Kalki purana. Il Kulika o Kalki che la governa nascerà là e poi si trasferirà a Mathura da dove guiderà una rivoluzione spirituale e un governo mondiale.

    La fortuna occidentale di Agarthi nasce con Ossendowsky (“Bestie, uomini e dei”), Alexandre Saint-Yves d’Alveydre (“Missione dell’ India”) e Guénon (“Il re del mondo”). Il terzo non fa che reinterpretare le idee dei primi due. Il primo era un viaggiatore che riferisce dei suoi tragitti in asia mentre l’ altro è un occultista che pretende di avere avuto rivelazioni da un “maestro”. Tutto ciò ha poco a che fare con la Shambhala tibetana e indù sopra descritta ed è anche la fonte della storia del “regno sotterraneo” estranea ai testi orientali.
    Una delle prime fonti del mito dei regni sotterranei è Il Dio fumoso (The Smokey God or A Voyage to the Inner World, 1908), di Willis George Emerson, pretesa autobiografia di un marinaio norvegese chiamato Olaf Jansen. Emerson racconta di come Jansen abbia navigato all’interno della Terra attraverso un’apertura presso ilPolo Nord. Per due anni sarebbe vissuto con gli abitanti di questo regno il cui mondo sarebbe illuminato da un “Sole centrale fumoso”. Il padre sarebbe rimasto ucciso durante il ritorno, il figlio ricoverato come pazzo. Il resoconto sarebbe stato dato dal figlio, che dopo la dimissione dal sanatorio si sarebbe stabilito in California, e che novantenne avrebbe deciso di rendere pubblica la vicenda. Malgrado nel racconto di Emerson non si faccia il nome di Agarthi, esso vi è stato associato in opere successive. Shambhala “la Minore”, una delle colonie di Agarthi, era la sede del governo del regno. Mentre Shambhala consiste in un continenteinterno, le altre colonie satelliti sono degli agglomerati più piccoli situati all’interno della crosta terrestre o dentro le montagne. I cataclismi e le guerre avvenute sulla superficie spinsero il popolo di Agarthi a stabilirsi sottoterra.

    Il leggendario paradiso di Shambala ha varie analogie con altri luoghi mitici, come la Terra Proibita, la Terra delle Acque Candide, la Terra degli Spiriti Raggianti, la Terra del Fuoco Vivente, la Terra degli Dei Viventi, la Terra delle Meraviglie. Gli indù parlano di Aryavartha, terra d’origine dei Veda; i Cinesi di Hsi Tien, il Paradiso Occidentale di Hsi Wang Mu, la Madre Regale dell’Ovest; La setta cristiana russa dei vecchi credenti la chiamava Belovodye e i Kirghizi Janaidar.

    Il racconto di Emerson è considerato una delle prime fonti della credenza sulle civiltà sotterranee.
    L’esistenza di Agarthi è stata considerata seriamente da numerosi europei, come, ad esempio per citarne alcuni, i seguaci della teosofia di Madame Blavatsky, laveggente fondatrice della Società Teosofica Internazionale, che sosteneva di essere in contatto telepatico con gli antichi “Maestri della Fratellanza Bianca”, i sopravvissuti di una razza eletta vissuta tra Tibet e Nepal, i quali si sarebbero rifugiati in seguito a una spaventosa catastrofe nelle viscere della terra, dove avrebbero fondato la mitica Agarthi. Dalle dottrine esoteriche della Blavatsky trasse ispirazione, tra gli altri, anche la Società Thule, la società segreta di estrema destra che costituì il nucleo originale del Partito nazista di Hitler, benché non abbiano mai avuto le due organizzazioni né un contatto né un sodalizio reciproco.

    La radice di questo mito è da ricercarsi nella religione indù, secondo la quale Il Re del Mondo sarebbe una incarnazione (avatar) del dio Vishnu, che compare sulla terra per condurre gli uomini (considerati alla stregua di bambini) alla conoscenza del divino e dell’eternità, ponendolo in totale comunione con Dio.

    Dalle steppe dell’Asia centrale il mito del Re del Mondo avrebbe seguito le grandi migrazioni che, presumibilmente fra il 6000 e il 2000 a.C., diedero origine alle popolazioni dell’europa settentrionale. La Ásgarðr della mitologia norrena nella quale vivono gli Æsir sarebbe la stessa Agarthi e Odino il “Manu”. Il mito di una terra perfetta ed eterna e del suo Re saggio e illuminato potrebbe aver dato origine a molte delle mitologie evolutesi successivamente in Europa e in Medio Oriente: Manu sarebbe anche il Menes egizio, l’Artù bretone, il Menw celtico e persino l’Arcangelo Michele della tradizione ebraica e cristiana. Il “Manu” quindi risulta essere un re-sacerdote e guerriero, un legislatore universale, il maestro di una religione che si trova alla radice di tutte le religioni, il culto unico e primordiale dell’Età dell’Oro, in contrapposizione con le comuni credenze che sarebbero solo la pallida ombra della religione originaria, frutto dell’Età Nera (Kali Yuga della tradizione indù) in cui viviamo. Tutti i grandi ispiratori delle religioni terrestri (Gesù Cristo, Maometto, Mosè, Buddha, Rama) sarebbero emanazioni dirette del Re del Mondo.

    In “Mission de l’Inde en Europe” di Saint-Yves D’Alveydres (1910), si descrive il Manu come il vero governatore occulto del mondo. Dalla sotterranea Agarthi egli conduce i destini dell’umanità secondo un ineffabile piano dettato da Dio, che non sempre però riesce comprensibile e non necessariamente positivo agli occhi dei comuni mortali. Il Manu conosce i pensieri di tutti i governanti umani della Terra, e conduce inevitabilmente al successo o al fallimento le loro scelte, a seconda che siano o meno conformi al piano divino. Tutte le scoperte scientifiche deriverebbero dai suggerimenti dati, direttamente o indirettamente, agli scienziati e studiosi del pianeta dal Re del Mondo e dai suoi servitori per tutta la storia dell’umanità. Questi “Superiori sconosciuti”, come vengono talora chiamati, avrebbero iniziato le più importanti sette esoteriche (Rosacroce, Illuminati, Massoneria, Priorato di Sion) alla verità del Mondo Sotterraneo di Agarthi. Riti, simboli, numeri e pratiche di queste sette rispecchierebbero riti, numeri e simboli del Mondo Sotterraneo. Fra queste si può ricordare la svastica nazista, ispirata al simbolo del sole indiano a sua volta ricavato dal simbolo della vita e della luce del Regno di Agarthi. In questo senso il Re del Mondo è il più alto esponente della istituzione nota ai teorici del complotto come “Sinarchia”, descritta da Saint-Yves D’Alveydres come una sorta di governo centrale di uomini eletti che formano il Consiglio Europeo di Stati e il Consiglio Internazionale delle Chiese e che seguendo le sue dire
    La Sinarchia è un sistema di governo gerarchico, nel quale si è ammessi si permane o si esce, esclusivamente in base alla propria conoscenza e alle proprie capacità. Più precisamente in base ai propri meriti.
    La parola sinarchia (dal greco συν syn (assieme) e ἀρχή arché (comando)) significa “governare assieme”.
    Il più antico uso di questo termine si attribuisce a Thomas Stackhouse (1677-1752), un sacerdote britannico che lo usò nella sua pubblicazione New History of the Holy Bible from the Beginning of the World to the Establishment of Christianity (pubblicato in due volumi nel 1737).
    La teoria della Sinarchia è stata sviluppata da Saint-Yves d’Alveidre (1842-1909). Secondo questa teoria la Sinarchia sarebbe già realizzata in un luogo misterioso chiamato Agarttha, e le comunicazioni tra il nostro mondo e l’Agarttha sarebbero interrotte fino a quando la Sinarchia non verrà realizzata anche qua. Simili notizie sono pervenute anche attraverso Ferdinand Ossendowski nel libro Bestie, uomini e dei, diario di un viaggio in Asia effettuato per scappare dalla tirannide sovietica. Prendendo spunto da entrambi i libri, questa ipotesi fu discussa, appellandosi anche a terze fonti mai rivelate, anche da René Guénon ne Il re del mondo. Tale teoria è stata infine e più recentemente ripresa (assieme a molte altre leggende della letteratura esoterica moderna) da Umberto Eco ne Il pendolo di Foucault.
    Negli ultimi anni il termine è stato stravolto per indicare un ipotetico governo occulto planetario, o “governo ombra”, che gestisce invisibilmente le trame della politica e dell’economia mondiale e che decide i destini dell’umanità, collegato alle teorie del complotto. Tale governo avrebbe caratteristiche diametralmente opposte a quelle descritte da Saint-Yves d’Alveidre, Ferdinand Ossendowski e René Guénon, essendo capeggiato da potentati economici, come il gruppo di Bilderberg e laCommissione Trilaterale}
    ttive ispirano e controllano i grandi moti dell’umanità (migrazioni, guerre, rivoluzioni, scoperte scientifiche, mutamenti politici, ecc.).

    Al tempo stabilito il Re del Mondo riporterà Agarthi alla superficie, instaurando una nuova Età dell’oro in cui non esisteranno né morte, né lutto, né crimini, in cui il Re del Mondo e i suoi adepti domineranno sull’umanità con benevolenza ma anche con fermezza.

    Fonte: www.leviedelcorist.com

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