Grande successo di partecipanti al dibattito “laico” su
Il Ponte sullo Stretto. Rischi, dubbi, danni e verità nascoste
Si è tenuto a Villa San Giovanni presso il Teatro sullo Stretto dell’emittente televisiva RTV il giorno 5 u.s. l’incontro dibattito Il Ponte sullo Stretto. Rischi, dubbi, danni e verità nascoste patrocinato dalla Fondazione Cultura Libera Sapere Aude Onlus, rappresentata dall’avv. Francesco Idone, da Antonio Giordano e dall’arch. Salvatore Ciccone.
Il titolo del convegno prende spunto dall’omonimo libro da poco pubblicato a cura di Carlo Mancosu. In occasione dell’incontro, moderato dall’editore Eduardo Lamberti Castronuovo, si sono riuniti al tavolo professionisti, docenti universitari e studiosi del tema per affrontare la questione della sostenibilità, oltre che dell’utilità di questa opera di cui spesso si parla come se fosse una struttura avulsa dal territorio in cui dovrebbe essere costruita e dalle reali esigenze dei cittadini che vivono quella particolare realtà.
Al convegno hanno preso parte, oltre ai due Presidenti degli Ordini degli Architetti P.P.C. e degli Ingegneri di Reggio Calabria: Paolo Malara e Francis Cirianni, il Sindaco di Villa San Giovanni Rocco La Valle, l’ex ministro Alessandro Bianchi, il geologo Alessandro Guerricchio, l’urbanista Alberto Ziparo e il sociologo Osvaldo Pieroni. In sala erano presenti alcuni Sindaci dei comuni limitrofi all’area dello Stretto, vari docenti dell’Università e la cittadinanza.
L’incontro, durato oltre tre ore, ha messo in luce tutti gli aspetti delicati sui quali il progetto risulta carente: strutturali, ambientali, geologi e sismici, economici e sociali.
L’analisi dei vari punti ha prodotto una conclusione unanime da parte dei partecipanti: il progetto così pensato e portato avanti rischia di pesare sulla nazione sia in termini di costi che di immagine.
L’invito alla riflessione formulato da tutti i partecipanti rappresenta un elemento di forte saggezza che prescinde da schieramenti contrapposti e da posizioni preconcette. È emersa invece, in quella sede, la necessità di ripensare a progetti alternativi che offrano certezza dell’investimento, sviluppo del territorio e continuità occupazionale.
In particolare il prof. Alessandro Bianchi ha sottolineato l’importanza che assume in questo momento un soggetto culturale come quello dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria. Ha chiesto apertamente che non vengano istituiti accordi economici tra la stessa e la Società che gestisce il progetto del Ponte di Messina poichè questo comporterebbe un inquinamento irreparabile nello svolgimento dell’attività di ricerca. Quest’ultima infatti, perderebbe il carattere fondamentale su cui da sempre si basa che è l’autonomia e l’autorevolezza. Particolari e interessanti proposte sono giunte inoltre dal Presidente Paolo Malara che ha rimarcato la necessità di offrire al territorio un’azione condivisa di rilancio dell’economia dello Stretto che si fondi su valori storici e culturali del territorio sottolineando la necessità di un’informazione capillare sull’iter progettuale che coinvolga tutta la popolazione oltre che gli operatori. In linea generale è emersa da parte di tutti la richiesta di maggiore informazione e trasparenza su tutti quegli aspetti da sempre sottaciuti da parte della Società Stretto di Messina (oggi Anas) ma che vengono dettagliatamente presentati nel volume di Carlo Mancosu relativo alla dibattuta mega opera, ai rischi, ai dubbi, ai danni e alle verità nascoste che ad essa sono riconducibili.
Tra i vari aspetti controversi il Prof. Ziparo ha fatto riflettere anche su quello che maggiormente tocca i cittadini dell’intera nazione: il dato economico riferito a una spesa inenarrabile già solo nella fase preliminare per giungere oggi ad una dimensione mediatica e propagandistica che supera di gran lunga la dimensione di fattibilità e di concretezza.
Chiudiamo con alcune considerazioni e molte domande che Anna Foti, giornalista, presente in sala la sera del convegno pone: «La domanda emersa è, dunque, per quale ragione si pensa al Ponte per realizzare un sistema di attraversamento efficace dello Stretto e di rilancio dell’economia e del turismo? Perché si tralasciano tutta una serie di aspetti tecnici che ancora non hanno avuto risposta per prediligere slogan che rendono questa opera necessaria? In molti hanno invece evidenziato che l’area dello Stretto ha un indubbio bisogno di essere valorizzata, meglio servita dai trasporti per persone e merci, ha bisogno di essere resa all’altezza della posizione strategica che nel Mediterraneo assume.
Ma tutto ciò deve essere perseguito necessariamente attraverso un’opera che non garantisce gli standard di sicurezza e già costata centinaia di miliardi di vecchie lire e che comprometterà a vita la dimensione scenografica del mare e delle coste con un impatto ambientale di cui i tecnici finora non si sono occupati? Un’opera che ha una serie di controindicazioni fatta di numeri – dovrebbe essere lungo oltre 3.300 metri laddove il più lungo finora costruito in una zona meno sismica e meno esposta a venti e correnti, non arriva ai 1.500 – la domanda è: non esistono altre forme di rilancio dell’economia che siano fondate su cantieri e altre possibilità di miglioramento dei trasporti che non scardinino gli equilibri geodinamici di tutta l’area?
La risposta non è difficile e, come si intuisce, la stessa risposta reca in sé una serie di argomentazioni tutt’altro che ideologiche per dire che il Ponte, un’opera avveniristica di notevole valore, in realtà non serva in questa area e a questo territorio. E allora a chi serve? Su quali altari si sacrificheranno le esigenze reali di questi luoghi?».
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