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    Italia avvelenata: la mappa del rischio

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    Messaggio  Alex Lun Mar 21, 2011 8:36 pm

    L’ITALIA E’ AVVELENATA, LA REGIONE CAMPANIA DI PIU’!
    IL TRIANGOLO DELLA MORTE: NOLA – ACERRA – MARIGLIANO … ED IL CASERTANO!


    Italia avvelenata: la mappa del rischio  Mappa_10

    Nell’agosto 2004 “The Lancet Oncology”, una tra le prime riviste scientifiche al mondo, ha pubblicato uno studio di Alfredo Mazza, giovane ricercatore napoletano di Fisiologia clinica in forza al Cnr di Pisa, intitolato “Il triangolo della morte”. L’agghiacciante definizione si riferiva al territorio compreso tra i comuni di Nola, Acerra e Marigliano, nel napoletano, nei quali si muore di tumore con una frequenza ben più alta che nel resto d’Italia. A dimostrarlo sono le statistiche degli ultimi anni: in questa zona abitata da oltre mezzo milione di persone l’indice di mortalità per tumore al fegato ogni 100 mila abitanti sfiora il 35.9 per gli uomini e il 20.5 per le donne rispetto a una media nazionale che è del 14. La mortalità è decisamente più alta che nel resto d’Italia anche per quanto riguarda il cancro alla vescica, al sistema nervoso e alla prostata.

    Secondo lo studio del dottor Mazza, l’anomalo indice di mortalità per cancro è conseguenza diretta dello smaltimento illegale dei rifiuti nelle discariche abusive della zona, che in vent’anni hanno sepolto sostanze cancerogene e radioattive che riemergono rientrando nella catena alimentare: dai sali di ammonio ai sali di alluminio, dal piombo ai copertoni che bruciano e sviluppano sostanze cancerogene. Sepolte in questa zona ci sarebbero anche sostanze radioattive provenienti da rifiuti speciali ospedalieri. Il tutto finisce sul territorio e dunque sull’erba dove pascolano le pecore: un vero killer per l’ambiente. Gli effetti tossici sull’uomo sarebbero di due tipi: malformazioni fetali fino al mancato sviluppo di un organo, oppure sviluppo di tumori, sia negli adulti che nei bambini. Gli organi colpiti sono i più sensibili del corpo: vescica, fegato e stomaco, dove c’è maggiore probabilità che la sostanza tossica entri all’interno della cellula. Tra i 20 e i 40 anni il rischio leucemie e linfomi, dunque, risulta più elevato.

    È inoltre costante il pericolo diossina, che si trova in quasi tutte le sostanze che vanno in combustione o che vengono sottoposte a processo di degradazione. La diossina si fa sentire soprattutto sul fronte delle falde acquifere: sono 79 i pozzi artesiani chiusi tra il 2002 ed il 2004 per inquinamento, con danni sia per l’agricoltura sia per gli allevatori. Col passare del tempo la situazione non è migliorata. Più recentemente, il 5 febbraio 2006, molti capi di bestiame sono stati trovati morti avvelenati. Le autopsie effettuate sugli animali hanno indicato la presenza di diossina nel cibo e nell’acqua come causa della morte. Al momento, gli unici studi esistenti sull’argomento sono una relazione tecnica del comune di Acerra, risalente al luglio 2003, nella quale si afferma che il livello di diossina sul territorio è di ben 53 picogrammi per metro quadrato (un valore quattro volte superiore al limite consentito), e una serie di analisi effettuate dall’Istituto Mario Negri di Milano, che mostrano invece un’elevata concentrazione di diossine nel latte ovino locale. Accanto al danno ambientale c’è anche quello economico: gli elementi inquinanti contenuti nei rifiuti riversati nei corsi d’acqua o occultati nei terreni rischiano di contaminare sempre più i prodotti agricoli. Non a caso negli ultimi anni è insorta anche la Coldiretti per difendere un territorio ancora libero da ogm e in grado di soddisfare la crescente richiesta di cibi “sicuri”. Il problema dei rifiuti in Campania si tratteggia sempre più come un problema strutturale che va progressivamente trasformandosi in un vero e proprio disastro ambientale.

    Di fronte a tutto ciò la politica locale arranca, mentre la camorra imperversa. È ancora il caso di parlare di emergenza straordinaria?

    Fonte: www.mastellonegaetano.com

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