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    Giordano Bruno nella chiave e nelle ombre

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    Giordano Bruno nella chiave e nelle ombre Empty Giordano Bruno nella chiave e nelle ombre

    Messaggio  Patrizia Lun Mag 09, 2011 1:33 pm

    Giordano Bruno nella chiave e nelle ombre Yun_360

    'Nella chiave e nelle ombre' : questo è il modo con cui Giordano Bruno definisce l'invenzione somma del suo pensiero, che lo inscrive tra gli uomini preclari, quegli archetipi complessi che prendono nome da individui che simboleggiano somme conquiste del pensiero, degne di figurare accanto alle azioni, insegne, astanti, circostanze sulle ruote ordinatrici del sapere che l'arte della memoria appronta come metodo adatto al conoscere umbratile. L'uomo conosce in modo determinato solo le ombre, nel mondo della comunicazione universale abita uno spazio dove è difficile comunicare, chiede linguaggi diversi: arduo cammino hanno i Mercuri inviati dagli dei. Il conoscere si definisce tra la ragione e il mistero al seguito di tracce piene di ombre, tra cui occorre saggezza per distinguere la pista giusta: tanto che anche chi veda la luce del pensiero platonico, come Bruno, non può parlare di idee che aggiungendo l'intenzione in cui solo le si può pensare, cioè come ombre delle idee.
    La definizione che Bruno dà di sé, come le altre insegne degli uomini preclari, è un sigillo che si trova insieme ai grandi svincoli di concetti, alle sillabe, alle immagini, che la teoria e la pratica della memoria cercano senza sosta, per rendere funzionale l'arte della memoria, metodo cui Bruno dedica in successione tante riflessioni in una costante variazione che denuncia la ricerca continua, iniziata negli anni della formazione.Tutte devono essere immagini vive: concepite in modo da dire tutto e subito l'essenziale fissando nella memoria l'impronta indelebile. Essere un vessillo, un segnale dei possibili incroci fra le architetture della memoria di concetti, figure, azioni.
    Ricordare, saper ricordare, sapersi servire di quel che abbiamo appreso, era l'arte della memoria che che Bruno insegnava negli anni della diaspora, gli attrasse l'interesse di Enrico III e di Mocenigo, era insegnamento di scuole diverse, molto frequentate da chiunque s'interessasse di retorica e pratica oratoria. Bruno rinnova la tradizione della retorica e dell'ermetismo, citandone i capisaldi ma dicendo chiara la propria novità di metodo e di costrutto: era uomo cosciente dei limiti della propria condizione, ma non era uomo modesto, conosceva l'originalità della sua speculazione, era orgoglioso di una scelta di pensiero che spiega l'ostinazione nella verità che tanti meravigliò, in un pensatore privo di dogmi, antesignano della religione naturale .
    Bruno dice che la sua arte è originale, perché si connota nella ricerca oltre che nel ricordo, segue la tradizione dell'arte segnata da Raimondo Lullo, che Leibniz rimproverava a Bruno essere una sua mania . Considera l'arte della memoria come il luogo in cui si esplora il nuovo: anche la retorica dava questa caratteristica all'inventio, che fonda nella topica, nella ricognizione dei luoghi comuni che la memoria storica ci tramanda: la nuova orazione nasce dal ricordo, è una creazione guidata dalla storia verso nuove vie.
    Ed è per questa direzione, dunque, che Bruno si ritiene inventore degno di essere tra i pochi uomini preclari che l'umanità, nel corso dei tempi, ha prodotto: un elenco in cui è assente Aristotele, mentre non manca Raimondo, il cui sigillo è: nelle nove lettere. L'espressione 'nella chiave e nelle ombre' porta subito a pensare alle due prime opere di Bruno, la famosa Clavis Magna perduta , ed il De umbris idearum, la prima opera giunta a noi. L'archetipo della filosofia bruniana è da rinvenirsi nella congiunzione delle idee madri delle due prime opere, nel segno della clavis universalis e del conoscere umbratile - due modi opposti, la cui profonda connessione di armonia dissonante è il vero fascino di Bruno, la profonda semplicità adombrata dalle tante ricchezze delle sue tesi.
    E' l'intuizione della conciliazione dei contrari nel tutto senza che sia necessaria estasi, o la negazione dell'immanenza o della trascendenza per procedere nel conoscere.
    *
    Chiave ed ombre sono il riflesso della dinamica di contrari che si allarga al senso dell'intera filosofia bruniana, il contrasto ombra luce anima la sua etica come la sua logica ed ontologia, percorre l'intero sistema per la caratteristica profondamente unitaria dell'impostazione: anche se la terminologia appartiene all'arte della memoria, come il luogo dell'affermazione del sigillo. Basti pensare alla linea ideale dei dialoghi composti a Londra nel 1584. La rapida sequenza della loro composizione, la volontà di affidare ad essi il successo del suo soggiorno londinese, in una comunicazione efficace, ne fanno una sorta di grande romanzo filosofico sceneggiato in un teatro di singolare vivacità. Bruno sceglie questo particolare modello di comunicazione: lo dimostra la sua comprensione dei diversi moduli del linguaggio. E' il romanzo - o il teatro - della Causa immanente che, come nocchiero alla nave, le comunica il movimento, allo stesso modo in cui la pinea, la scassa dell'albero, trasmette l'energia dalle vele allo scafo; così che si conosce l'operato del nocchiero guardando il movimento della nave; la Causa pertanto si conosce osservando l'animazione universale. Alla sua opera l'uomo è chiamato a collaborare nel disegno di una nuova etica eroica. Armonia sovrana che non ignora le lamentazioni di Ermete sul male del mondo, enigma del mondo che si scioglie senza cassare la natura misteriosa con una luce dogmatica. La chiave metafisico-logico-etica è tale solo agli occhi di Dio, in ragione distesa: il XXV concetto delle Ombre vede solo Dio cercare in sé, direttamente, le idee. L'uomo può coglierle solo dal suo essere di parte che lo fa muovere tra le ombre. Alla comunicazione universale dell'amore che imposta la vita dei mondi, si oppone la comunicazione aperta alla confusione propria dell'uomo - ma le ombre sono fedeli all'originale. La Sofia terrena e la divina non sono incongrue, ma sono l'una per sé e l'altra comunicabile e comunicata nei cammini del mondo; la fede nella conoscenza deve superare il rumore costante della comunicazione e indagare il legame con la verità.
    L'indagine quindi non può guardare alle idee, deve seguire la strada dei contrari, delle contraddizioni, delle discussioni del teatro del mondo: nel disegno di una nuova dialettica che Schelling ha descritto con singolare intensità nel suo dialogo Bruno . Il personaggio Bruno pone l'opposizione assoluta nell'unità della figura e dell'immagine che essa riflette nello specchio - chiaramente identiche, chiaramente impossibili alla conciliazione. Non si può "pensare una unità più perfetta di quella tra l'oggetto e la sua immagine, quantunque sia assolutamente impossibile che essi si riuniscano mai in un terzo... essi saranno necessariamente e ovunque insieme proprio per questo fatto e per questo motivo, che non sono insieme da nessuna parte. Infatti, ciò ch'è contrario assolutamente e infinitamente, può anche essere unito solo infinitamente. Ciò che però è unito infinitamente, non può dividersi in nulla e mai; ciò che dunque non è diviso mai e in nulla ed è assolutamente congiunto, è proprio perciò assolutamente contrario" . Si delinea una logica dialettica di ritmo binario , assoluta e renitente alla conciliazione ed al trascendimento del finito - che si compie proprio nell'infinito, visto che l'unico luogo ove questi contrari mostrano la loro unità è il luogo dove mostrano la convergenza le rette, nell'infinito. Che resta luogo paradossale e suggestivo, non indagabile con la Ragione, mistero che suggerisce senza svelare. Il mistero del due Bruno sottolineava come capacità di coordinare la diversità, di mettere in moto i percorsi analogici che sono la strada del pensiero razionale : innescando il gioco dei rimandi senza superarli, indagando la differenza senza trascenderla.
    Schelling indica la radicale novità di questa dialettica nel superare i rapporti dei contrari così come li aveva posti la tradizione a partire da Platone. Il rapporto dei contrari - pensato nella tradizione come 1. diversità 2. contrarietà (ragione - intuitus) 3. contraddittorietà (intelletto) - era stato criticato dallo stesso personaggio Bruno: perché 1.la diversità rende frammentaria l'unità offuscandola; 2. la contrarietà e 3. la contraddittorietà esprimono una differenza relativa, in quanto capace di conciliazione in un terzo - l'unione o lo zero. La differenza che interessa, che dà il senso del rapporto tra uno e molteplice senza abolirlo, deve essere assoluta, senza conciliazione possibile - tranne che per l'intelletto divino. La dimensione dell'unità dei contrari così intesa determina una dialettica tutta speciale, vissuta in una dimensione estetica, perché rende protagonista l'immagine nel suo non superabile rimando ad altro. Non è possibile superarla con misticismi ed empirismi, con sintesi - la si può solo leggere alla ricerca dell'eco della coincidenza originaria nel singolare e nel riflesso. Vi si accende la chiaroveggenza, il soffuso ricordo delle cose, la "fervida interiorità della comunità" . Il gioco dello specchio, al confine tra i due mondi di luce e di vetro, illumina il dettaglio di oralità profonda che si risveglia: come in una cattedrale gotica, nell'architettura della luce si scrive l'armonia del cosmo. La lingua di parole ed immagini dice un luogo dove l'egoità non è per sé, ma è "traccia della sapienza originaria: perché l'uomo può cercarla e trovarla, attraverso una coscienza similare e uno sforzo di reminiscenza": una con-scientia "scienza comune, scienza similare, conoscenza accompagnatrice" .
    L'immagine crea un doppio singolare ed universale, cristallo tra attuale e virtuale, fuori del tempo , indecomponibile atomo del conoscere, ordine e disordine. "Le monadi che sono le opere d'arte conducono all'universale mediante il loro principio di particolarizzazione" , forma piena di una verità senza disincanto: magia della scena teatrale, dove finzione e verità s'intrecciano indissolubilmente. Comunicare attraverso il teatro è già disegnare un'immagine della vita in un doppio che senza alterare il percorso comune apre la via della comprensione: praticando la conoscenza umbratile attraverso la via della logica dialettica in una configurazione genuinamente estetica.
    *
    Una logica dialettica, disegnata in una sua originalità stupefacente, è la chiave razionale che Bruno traccia dell'enigma del cosmo, il metodo indicato con chiarezza di una nova filosofia. E già essa non ignora la natura umbratile del conoscere. Ma l'arte della memoria disegna un'altra chiave, a partire dalle ombre: mentre la filosofia parte dalla luce come disegno di una architettura cosmica: come le cattedrali gotiche che nel disegno tentavano di fissare il percorso della luce. Se solo Dio può cercare in sé stesso le idee nella loro razionalità, il metodo del conoscere umano deve seguire altre strade per guadagnare tracce fruttuose.
    La pinea, oltre al senso detto, era attributo di Bacco, insieme allo specchio. Il Dio dell'ebbrezza salvifica scuote gli irrigidimenti della ragione e del volere; affianca il Mercurio della ragione donando all'uomo la virtù della venatio come caccia. L'uomo è coinvolto nel percorso etico e teoretico, collabora alla legge di Dio, partecipa con la morale all'edificazione del mondo nuovo: a patto che come Atteone sappia essere, oltre che cacciatore, preda. Cioè termine della rivelazione del vero, del bello, della propria piccolezza: allora può muovere i suoi passi di cieco verso la luce. L'ombra reca suggestioni e confusioni infinite. Se l'uomo è cosciente del limite umbratile del conoscere e del comunicare, cerca nell'arte una via metodica che disegni un processo artificiale capace di progresso di conoscenza. Accettando la rivelazione della propria limitazione; studiando il mistero della memoria.
    Disegnare la chiave nello specchio, è il compito dell'arte della memoria. L'ombra in quiete si dissolve, lascia evaporare le nebbie e scorgere la proporzione della luce. L'indagine del mistero chiede la quiete, il sedersi all'ombra del Signore per ascoltare la rivelazione frammentaria: la memoria richiama connessioni da distanze incolmabili, la cui ragione è misteriosa. La memoria ed il suo esercizio rendono organico il nostro sapere; ma anche suggestionano somiglianze casuali che danno spunto alla riflessione. L'arte guida una pratica volta all'esercizio di essa, mette a punto gli strumenti della memoria con abilità di calcolo. L'arte della memoria è una macchina compilata dal sapiente, una trascrizione numerica - o quasi numerica - della armonia intuita, resa esperta dagli usi che la mente di solito segue per costituire l'ordine razionale. Il calcolo, il metodo, è la strada non per infrangere il mistero, ma per intendere il riflesso della chiave. Il metodo non conduce a sapere tutto ma dona una strada, un costrutto con cui indagare: una chiave adatta alle ombre, buona per aprire porte reali, costruita nella conoscenza di legni e metalli.
    La memoria, dunque, va conosciuta nelle sue modalità ed imitata dalla pratica dell'arte. La memoria che si dice naturale è 'di cose', cioè di immagini che imprimono le esperienze con vivacità, quella artificiale, è 'di parole' - ma anche questa è forte e ben radicata quando si rifà alle immagini della memoria naturale. Le cose viste restano nella memoria, si mescolano, ripropongono i loro contenuti all'osservazione, si fanno interpretare diversamente. Le parole non hanno la stessa virtù, più spesso inducono in equivoci, ma costituiscono in modo duttile le connessioni del sapere. Esercitare l'arte della memoria significa creare un metodo capace di farci lavorare su immagini e parole, protagoniste di un processo di analisi e di costruzione successiva come in un grande gioco enigmistico. Che per non essere fatuo, deve scegliere tra i metodi possibili quello congruo. Bruno dice di aver esplorato i metodi di giochi di parole e di luoghi, di averli abbandonati per la ridondanza e infinità. Un metodo, una macchina, non è il luogo dell'infinito.
    Perché il gioco funzioni occorre che i simboli siano di numero limitato. Il caso delle ruote non è un gioco di dadi, infinito. La arte-scienza che si va a costruire non si limta ad annodare contiguità casuali come la memoria, una madeleine che ci riporta di subito a Combray... Invece traccia una mappa possibile e individua simboli atti ad educare la memoria in modo metodico, determinando itinerari. Limitando, insomma, il numero delle possibilità: Bruno rifiuta il sistema egizio dei geroglifici, troppi per consentire una funzionalità d'esercizio - già la Retorica ad Erennio aveva indicato l'eccesso di elementi come danno . Bisogna limitarsi al numero minimo per essere chiari e per offrirsi al principio generativo: e dover ridurre a trenta, sia pure moltiplicabile diverse volte, l'intero possibile dell'immaginazione, è evidentemente sgomentante.
    Bruno ci si dedica: è l'opera della sua vita, continuamente rinnovata.
    Un minimo moltiplicabile e componibile che richiama per tanti aspetti il numero e le lettere, che sono capaci di compiere il lavoro della connessione in insiemi di coerenza. Si tratta non esattamente di numeri: essi "sono astratti... non sono in grado di sollecitare o stimolare la fantasia" se non per quell'idea di ordine che caratterizza anche i concetti dell'engrafia. Sono immagini che "recano in sé qualcosa di ammirevole, di terribile, di gaio, di triste, da amico, da nemico..." .Sono sostrati semimatematici, immagini astratte in connessione ordinata. Che si propongono alla vista, facoltà divina dell'uomo, capace di cogliere il lontano e di ritenere la memoria naturale - o con immagini di azioni e di relazioni, o con icone - contrassegni da apporre in funzione mnemonica per indicare il luogo automaticamente. Si parla di numeri per la somiglianza dell'astrazione ed ordine: e in tal senso tutto è numero: "la disamina è dunque in qualche modo un numero, con il quale il pensiero s'accosta a suo modo alle specie conservate, distinguendole secondo la propria capacità, distaccandole, riunendole, applicandole, scambiandole, dando ad esse una forma, ordinandole, e (infine) riferendole all'unità da scegliere" . Ma esse seguono da vicino la suggestione ermetica dell'arte della memroia, che come Ermete tendono ad adoperare le immagini come un codice personale per ritenere concetti lontani . La diversità dal numero matematico sta nel loro riferersi ad una misura interna, all'ordine di presentazione e alla frequenza, alla proporzione - ma contengono "una certa ragione incondizionata" cui si risale nel percorso che parte dal senso comune e ne individua i meccanismi che li rendono atti ad entrare nella compilazione. Come i numeri, i sigilli non superano la concretezza dei componenti: ma l'universale fantastico che li descrive conserva la discrezione dell'esperienza sensibile, che è la discrezione del cosmo. In fondo sigillo è parola scelta forse proprio per una certa equivocità che la distingue: perché essa da un lato è marchio, simbolo chiuso; ma dall'altro ricorda l'avverbio singillatim, che invece indica la discrezione del continuo, le cose prese ad uno ad uno: il sigillo è una immmagine, verbale o no, è un vessillo, che fa da insegna del molteplice che richiama.
    L'arte enumera i dodici indumenti che nella percezione guidano alla caccia dei sigilli, per "con lo stesso ordine dei numeri, concepire un ordine della cosa percepita" : sino alla parola nuda che raccoglie le connessioni mantenendo il contatto con il molteplice del senso. Perché le celle del cervello, gli atrii successivi che consentono ogni processo di conoscenza, sono in necessaria successione: dal senso comune alla facoltà fantastica, da questa alla cogitativa, alla memorativa. Senza passare dal senso comune non si accede alla memoria. L'immagine che si presenta al senso comune, comunicabile, si memorizza se è anche duttile per la fantasia, che immagina e costituisce i luoghi, se è comprensibile alla ragione. La memorizzazione è così la deposizione in un archivio mobile che ne conserva non l'intero, tipico della reminiscenza, ma l'intenzione dell'idea, l'ombra rivelatrice - anche l'ombra è menzognera o illuminante, seconda la luce supera le tenebre o ne è offuscata . L'intenzione, snella, si dispone nell'archivio insieme al massimo numero possibile di altre, si articola nei luoghi approntati dall'immaginazione, si presta alle connessioni possibili che fanno nuove combinazioni.
    Gli enti semimatematici sono immagini portate all'essenzialità di un simbolo inchiodato, di un sigillo che marchia in cera molle: si estende a tutto, senso comune, sensazione, visione, studio del mondo, della letteratura, dell'uomo. Perché "Tutti i sensi... si riconducono a un centro unico, dal quale avanzano per ornare il più vicino atrio della fantasia con quelle forme che in ultimo si introducono nella camera della memoria attraverso il triclinio della facoltà cogitativa" , cogliendo il messaggio che è nelle cose. I sensi servono "ad accusare, ad indicare e testificare in parte" . La massima astrazione dalla massima concretezza senza soluzione di continuità: i decani dello Zodiaco, le immagini degli dei, le figure delle Metamorfosi di Ovidio, gli uomini preclari, forniscono gli strumenti della comunicazione, avviano il processo della memorizzazione e dell'invenzione del nuovo sapere. E' uno studio di quelle che oggi chiamiamo rappresentazioni sociali che compie Bruno, dell'immaginazione comune indagata dalla retorica, per aprire le strade alla comunicazione, secondo le sue leggi.
    *
    Il percorso metodico volto al potenziamento della memoria artificiale cerca le immagini della memoria naturale, più vivide e incrociate: l'allegoria contrassegna una figura di riflessioni infinite, aperte alla competenza enciclopedica del lettore. L'immagine di Giove, di Venere, di Giunone, il cavallo di S.Martino e quello di S.Giorgio recano frammenti dell'immaginario collettivo, della narrazione orale, tengono desto l'interesse che facilita la memorizzazione: che conta sull'affettività e sulla comprensibilità dell'immagine, sul suo automatismo .
    Come le pitture mostrano nel senso esterno l'ordine, così "con l'ordine il chaos fisico viene composto nel bello spettacolo del mondo" . Dalle immagini degli dei ai concetti, una legge mostrano le immagini . Semplice comprendere la formazione di immagini sensibili, vere emulazioni della natura; ma nella catena che va dagli spettri ai sigilli anche l'ultimo si ritrova allo stessp modo, grazie ai quattro elementi che sono pittorici: luce colore figura e forma. Pittore era Gio. Bernardo del Candelaio, le similitudini pittoriche di Bruno sono numerose. Perché nel deserto della concentrazione si apre la luce ma anche il tradimento, tra le denunce che l'oggetto offre i nove elementi dello scrutinium - dall'intenzione preliminare al giudizio - cercano la luce come col bastone si smuovono ghiande alla ricerca della castagna ch'è nel mucchio - come il vaglio di Epicuro che separa gli atomi, gli indecomponibili, coi vortici che pongono ordine nel chaos. La ricerca non li dissolve ma li assembla in una scrittura interna che poi crea una architettura discorsiva. Il luogo, come usa la pittura, segnala la vicinanza di quel che non è necessariamente connesso, rende propinqui elementi privi di legame razionale . Si appresta la superficie, la parola ultima dell'Arte della memoria, la geografia dell'immaginazione dove segnare i topici, per le pratiche della memoria.
    I Sigilli si comportano con l'efficacia di immagini anche quando colgono gli uomini preclari. Gran parte delle opere sulla memoria Bruno si dedica alla costruzione delle immagini ed alla loro possibile concatenazione: immagini astrologiche, magiche, umane, che si elencano e classificano secondo modelli atti alla memorizzazione, organizzate in atri, case, campi, in lettere su ruote inchiodate: e, dice Bruno, "abbiamo così illustrato le regole dei ricettacoli ricavate da quanto già divulgato e costodito nel tempo di Mnemosine. Una facoltà psichica tiene racchiusi in un seno interno i simulacri sensibili che la vista estrasse chiaramente dalle cose stesse con una figura immutabile". La vista estrasse chiaramente: non perchè la logica della concatenazione risulti chiara, anzi nel costruire le immagini più volte si fa riferimento al carattere arbitrario della scelta degli elementi e apre il completamento delle immagini alla fantasia del lettore. Ma è chiaro il risultato, la luce si accende al successo della inventio: Bruno usa spesso il verbo 'dovrebbe', 'deve essere': il successo dell'inventio non si vuole e non si ricava: si impone. La natura 'da ogni parte grida e descrive ' a chi volga il suo sguardo al principio che le organizza in generi e specie e numeri. La luce compare come un dardo che inchioda e che svela, ma si accende quando vuole, nel magazzino delle specie di immagini apprestato dallo scienziato della memoria, che ha affastellato le cose intuite, che studia la manovra del loro ordine - che non le forma, le cerca nel sapere comune e si propone di disporle di fronte allo specchio che sveli il principio nell'insieme, incorniciando il risultato del caso in un senso nuovo, nella relazione al mezzo, al luogo, al concavo, al convesso, alla luce. E allora le cose si presentano come immagine capace di significare l'idea, l'orma, l'ombra, la nota, il carattere, il segno, il sigillo, l'indizio, la figura, la similitudine, la proporzione, l' immagine: i termini con cui Bruno indica la successione dei nomi con cui ha indicato quel che conta per intendere il significato che le cose hanno per noi. Un processo che si conclude con l'immagine perché solo la vista è guida alle cose lontanissime, può muoversi tra la nuova logica dialettica e la magia nell'elenco delle immagini, che sono create dal grembo dove tutte si trovano, poste in essere dalla fantasia.
    *
    Favorisce la memoria il metodo? Ermes al principio delle Ombre delle idee espone il dubbio di ognuno: se tutta questa memorizzazione di centocinquanta per cinque elementi situati in atri, cubili e ruote inchiodate, non sia molto più difficile di altre metodologie; forse lo stesso Mocenigo dovette a ciò la sua funesta delusione. Ermes risponde che esercitare la memoria è praticarla, inserirsi nel gioco delle ruote e apprenderne le ricchezze: qui si trasforma una pratica forense in strumento conoscitivo. Attraverso innovazioni metodiche, come la struttura articolata di atrii e cubili, di lettere che vanno in sillabe e parole, a rendere mobili le connessioni che la tradizione invece si limitava ad annodare come oggetti ad un modello prescelto, da percorrere in ordine. Una variazione che apre all'innovazione personale del lettore, che aggiunga quel che reputa utile, immagini più convincenti e sintetiche.
    La vera novità però è teorica, Bruno la segnala nel Cantus Circaeus. I soggetti, i luoghi in cui inscrivere quell'engrafia che è l'arte della memoria, "metodo arcano" , non sono contenitori casuali come nell'arte classica, un corpo di donna o una tavola imbandita, ma hanno una ragion d'essere che li rende atti a fungere come sostanza o come attributi, a cambiare aspetto a seconda dell'azione connettiva in cui sono coinvolti. Le immagini insomma - immagini sono le figure come i concetti e nomi sottesi , "le immagini non sono meno collegate ai segni di quanto i segni non siano annessi alle immagini" in una pittura intrinseca - sono vivificate dal loro poter mutare a seconda dei contesti, ma possiedono una collocazione non casuale misurata alle possibili funzioni. L'artista li delinea nella prassi ascoltando quel che si presenta maneggiando simboli ed oggetti, lettere e concezioni, accettando le combinazioni più fruttuose, cosciente della perfettibilità del procedimento. La macchina deve prima di tutto funzionare: ma non funziona a caso, gli elementi sono stati scelti per le suggestioni, per la mancanza di confusione.
    *
    L'armonia fa capire a Bruno che Dio non parla nelle estasi ma nelle infinite trasformazioni del mondo di cui è nocchiero; nella natura e nel mondo delle parole e delle storie, nel senso comune: e i Mercuri che portano la voce attiva della mente sono isolati più del necessario, non sono nemmeno messaggeri, se ignorano la lingua e rendono incomprensibile il proprio messaggio.
    I percorsi della memoria conoscono convergenze magiche per intuire le connessioni misteriose, ma non solo pratiche magiche consentono la comprensione, la magia è con l'amore, l'arte, la matematica una delle perfezioni dell'animo che conducono a grandi imprese. La magia fa capire l'animazione universale, la continua trasformazione dei corpi, ma solo la matematica guida l'astrazione, solo la passione intellettuale, l'amore, produce la verità. Perciò si giunge alla scoperta della verità per tante vie; d'altronde anche l'arte della memoria fonda nella conoscenza della natura: "non c'è alcun ente artificiale che abbia il suo fondamento fuori della natura" - che perfeziona un metodo dalla constatazione dei processi della memoria. Le ruote ed il meraviglioso meccanismo di Bruno non fanno che dare il contesto adatto a perfezionare una capacità naturale: si tratta di uno dei metodi possibili, il più perfetto perché tiene conto della chiave e delle ombre in una sinfonia armonica del cosmo e delle facoltà.
    "L'universo continuo (si intende) come un continuo, nel quale non faccia più discrezione l'etere interposto tra sì gran corpi ... sì che gli contrari e gli diversi mobili concorreno nella costituzione di un continuo immobile, nel quale gli contrari concorrono alla costituzion d'uno, ed appartengono ad uno ordine, e finalmente sono uno". "Questo infinito ed immenso è uno animale" . L'indagine di tanta complessità non può che essere dialettica e mnemonica, seguire vie molteplici ma connesse nel disegno profondo.
    Bruno quindi conferma la tesi di Averroè della memoria non intellettuale ma sensitiva e fantastica: correggendo però con una tesi orginale - gli elementi della memoria non sono quattro, due esterni e due interni, senso ed ordine - la memoria consta di ben nove elementi, ma essi sono tutti propri del soggetto, segnalati nella diversità dal loro essere attivi e passivi. Ma tutto quel che è nel soggetto è trasformato dal soggetto, dai gradi del conoscere, nella sostanza umbratile del conoscere umano. Il punto che si raggiunge è se stesso
    *
    Nella capacità d'intendere il mondo nella chiave e nelle ombre, nella conoscenza cioè di quel che è proprio dell'uomo nell'unico modo possibile, senza negare la chiave che l'uomo tiene nella mano, conciliando evidenza ed artificio, verità e metodo: qui sta il senso del pensiero di Bruno. L'equilibrio si ricava dalla misura di questa conciliazione, dove commensurabile ed incommensurabile si delimitano indicando le possibilità del cosmo e della luce, che quando è tutto illumina, ma non è a nostra disposizione. Sinché l'uomo non è Dio, deve percorrere l'esercizio eroico della parzialità, disponendosi nell'attesa della luce, che immancabilmente giunge, se il metodo è adeguato.
    L'arte della memoria è un'enciclopedia, un anticipo del pensiero moderno; non si compone di sole parole ma di immagini, di cui si colgono gli aspetti comunicativi essenziali: ed è dunque anche un anticipo del pensiero contemporaneo. La dialettica dello specchio consente la squadratura di universi differenti, metodicamente organizzati, teorie di giochi, non si traducano nella negazione del continuo verso estetizzazioni tendenti al misticismo della parte: che trascendenza rinnova.
    La dialettica dello specchio, l'arte-scienza della memoria, la visione ontologica, sono mirabilmente coerenti. Costruire una scienza è un modo di giocare al gioco della verità, che ha una sua coerenza che non esclude le altre, è uno dei modi dell'analisi di un tutto che per definizione è fuori di ogni determinazione possibile dell'identità: che si determina come una dimensione di razionalità. L'analogico ed il digitale, la filosofia e la scienza, non si contrappongono ma come echi diversi riflettono uno stesso senso della coerenza cosmica.
    Bruno non sceglie esattamente numeri, ma atomi immaginifici, che conservano il carattere della discrezione nell'enciclopedia esterna di un luogo architettonico messo a punto dall'immaginazione. Il teatro del mondo lancia la sua rappresentazione comunicativa, capace di far intendere più di quel che si vede sul palcoscenico, di mettere in moto oscuri meccanismi di composizione e scomposizione. Occorre la superficie di uno specchio, un luogo da indagare, una lingua con cui confrontare quelle possibilità. La complessità del gioco racchiude la storia e le rappresentazioni collettive, gli usi e le mode, la speculazione razionale, la verità, nell'aspetto del significante. Le parole e le immagini rimandano alla totalità di cui indagano una possibilità. Il gioco dei numeri consente l'armonia della musica: il gioco dei significanti nell'arte della memoria consente a quest'armonia di perdersi nell'infinito. Di aprire ad ogni variazione, di collocarsi nel futuro perenne immaginando ogni scenario, nella fantasia. Digitale ed analogico si congiungono nell'atomo dell'immagine.
    Si può parlare in Bruno di una concezione moderna dell'immagine, per l'immediatezza, il movimento, il colore, la riproduzione possibile ed arricchente... e via dicendo. Ma anche di più per il modo con cui l'immagine si incardina nella razionalità del tutto e diventa la vera lingua universale, capace di sostenere lo scibile nella sua interezza. Un'immagine affastellata in files, che accentua la propria somiglianza col numero. D'altronde il numero si crea con l'immaginazione, come l'atomo viene dalla dottrina parmenidea e pitagorica, eguaglia cose diverse in ciò che hanno di eguale. Le due dimensioni del pensiero non solo non si escludono ma aprono l'una la via all'altra, sono interamente convergenti nel formare il nostro pensiero. Anche se la loro consistenza fenomenica ha portato e sempre porta l'uomo a contrapporle. La magia del due è nel porre l'alternativa, la scelta, la connessione dei contrari, che inizia una costruzione metodica. Il gioco della torre esclude e fa concentrare su una o su un'altra delle possibilità del mondo e di costruire una scienza. L'errore sta a prenderlo per verità mentre ne è parte, come prendere per vera la metafora, e trarre conclusioni da un sol tratto: mentre la verità comprende la superficie dello specchio e quel che vi si riflette. La superficie è la verità che indaga il cieco, che intende a tastoni il mondo che gli resiste, odiando ed amando la sua limitazione. Ma che ha la fede sufficiente per continuare nell'attesa spasmodica della luce che si fa attendere sempre troppo, ma che sempre compare, dando uno squarcio della sua infinita coerenza.
    La filosofia di Bruno così non solo disegna una comunicazione universale, ontologica e logica , insieme ad una comunicazione sociale ed umana sempre difficile, che richiede il disegno di linguaggi diversi. Ma anticipa anche tematiche proprie della attuale scienza della comunicazione grazie alla comprensione del carattere affettivo dell'immagine, dell'importanza dei sigilli, delle immagini automatiche, dell'immagine del senso comune, della sua costruzione come parola discreta, dell'apertura dell'opera che rende la parola infinita. Anticipazione è anche l'intimo rapporto con le scienze, che rimandano da altro orizzonte la misura e la proporzione dell'esperienza .
    Ma l'anticipazione maggiore, tanto grande da essere un'indicazione di cammino, sta nella logica compilativa che non esclude la fantastica, nel numero in cui si coglie la componente seminumerica, nel disegno di un'arte meccanica non solo non escludente ma complementare alla dialettica. La fantasia è alla base della scienza, è alla base del numerare pecore e scatole, nel numerare individui diversi in una unica categoria. Il numero non ostacola l'armonia, ne dice una parte che non va colta nella parzialità ma nell'intero perché risulti la bellezza, che si fa di parti composte. Come nelle armonie della musica e della pittura, dove la componente matematica squadra il profondo e nel numero disegna l'analogia. Il numero e la compilazione non sgomentano l'arte della memoria, sono solo la sfida all'ombra, perché disegni la luce; come la logica digitale oggi sfida la creatività e la circonda, in un continuo rapporto con la natura e con l'arte che Bruno svela essere naturale e possibile, senza aut aut. Nella natura umbratile del conoscere, nel rumore della comunicazione, il metodo e il numero sono modi d'indagine compatibili con la creatività discorsiva e una dialettica adeguata, capace di misurarsi con l'infinito senza trascendere la continua problematicità del particolare.


      La data/ora di oggi è Mer Nov 27, 2024 10:14 pm