Durante gli arresti cardiaci l'attività della radice cerebrale è persa rapidamente. Essa non dovrebbe essere in grado di sostenere dei processi lucidi o permettere la formazione di ricordi durevoli.
Esiste la necessità, di un largo e esaustivo studio che sia in grado di dirci se la mente è prodotta dal cervello o se è una entità separata. Se la seconda ipotesi fosse corretta questo porterebbe a conseguenze quasi inimmaginabili.
I medici che hanno trovato la prima prova scientifica a sostegno del possibile proseguimento dell'esistenza dopo questa vita hanno costituito una fondazione di beneficenza per approfondire lo studio sulla mente umana in prossimità della morte.
I ricercatori dell'Università di Southampton hanno appena pubblicato un articolo scientifico in cui vengono esposti i dettagli relativi ai loro studi sulle esperienze di pre-morte, studi che sembrerebbero supporre che la coscienza e la mente possano continuare ad esistere dopo che il cervello ha cessato di funzionare e il corpo è dichiarato clinicamente morto.
Il gruppo di ricerca ha trascorso un hanno studiando i casi di persone rianimate in seguito ad un arresto cardiaco nel General Hospital di Southampton. I pazienti oggetto dello studio erano stati tutti dichiarati, per periodi di tempo differenti, clinicamente morti in quanto privi di polso, con assenza di respirazione e pupille fisse e dilatate.
Indipendenti studi riguardanti l'encefalogramma hanno confermato che l'attività elettrica del cervello, e quindi il suo funzionamento, cessano in quel momento. Ciò nonostante, sette dei 63 pazienti di Southampton sopravvissuti all'arresto cardiaco (pari all'11%) ricordano emozioni e visioni avvenute durante il periodo di incoscienza.
Il Dott. Sam Parnia, co-autore dello studio, è uno dei quattro amministratori della Horizon Research Foundation. Egli afferma "Lo scopo della fondazione è duplice. In primo luogo, ci rivolgiamo sia alle figure professionali, sia a coloro che hanno indagato o cercheranno di approfondire le proprie ricerche, in modo da offrire una fonte divulgativa sulle esperienze e sulle questioni aperte concernenti la fine della vita.
Pubblicheremo un pacchetto informativo e per un abbonamento di dieci sterline i sottoscrittori saranno tenuti aggiornati sugli ultimi sviluppi attraverso newsletter periodiche e attraverso il nostro sito web.
Organizzeremo inoltre seminari e conferenze per informare gli interessati. Ogni sterlina guadagnata sarà utilizzata per svolgere ulteriori ricerche scientifiche sulla mente umana al termine della vita."
Nello studio condotto a Southampton i 63 sopravvissuti ad attacchi cardiaci sono stati intervistati entro una settimana dall'infarto; è stato chiesto loro se ricordassero qualcosa del periodo in cui non erano stati coscienti.
Sette dei sopravvissuti hanno riportato qualche esperienza di pre-morte e quattro pazienti (il 6%) hanno superato i rigidi criteri di Greyson generalmente usati per diagnosticare le esperienze di pre-morte
Essi ricordano esperienze di pace e di gioia, una sensazione di tempo accelerato, sensi intensificati, perdita di consapevolezza del proprio corpo, la visione di una luce bianca, l'ingresso in un altro mondo, l'incontro con un essere mistico o con parenti defunti, e la sensazione di giungere in un punto di non ritorno.
Questo fa sorgere la domanda su come questi pensieri lucidi possano accadere quando il cervello è clinicamente morto. Il Dott. Parnia, ricercatore associato della clinica universitaria e ufficiale civile, afferma: "Il punto principale delle esperienze di pre-morte risiede nella comprensione della relazione esistente tra cervello e mente; questo è rimasto un punto aperto nel dibattito contemporaneo che avviene in ambito filosofico, psicologico e neuroscientifico.
A livello scientifico si conosce molto poco dell'esperienza soggettiva della morte, della natura della mente umana e del suo risultato durante la morte clinica. Questo campo sta assumendo notevole importanza nella medicina.
Ciò che abbiamo trovato ha la necessità di essere investigato in uno studio più ampio. Ma qualora i risultati venissero replicati ciò comporterebbe il fatto che la mente può continuare ad esistere dopo la morte del corpo, o in una vita futura."
Casi di esperienze pre-morte sono stati trovati in molte culture diverse e in diversi periodi storici; è stimato che circa il sei percento delle persone che hanno sofferto di un arresto cardiaco hanno provato tali esperienze.
Attualmente esistono tre spiegazioni per questi casi. La prima è fisiologica; le allucinazioni che il paziente sperimenta sarebbero causate da una alterato stato chimico del cervello dovuto a trattamenti farmacologici, a carenza di ossigeno o cambiamenti dei livello di anidride carbonica.
Nello studio condotto a Southampton nessuno dei quattro pazienti con esperienze di pre-morte ha subito una bassa ossigenazione o è stato sottoposto a combinazioni farmacologiche inusuali durante la propria rianimazione.
Una seconda spiegazione sostiene che le esperienze fuori dal corpo (N.d.T. out of body experience), esperienze vivide di tunnel, di luci o di parenti defunti sarebbero costruite dalla mente per facilitare il processo della morte."
Il Dott. Parnia, aggiunge: "Le caratteristiche delle esperienze pre-morte di questo studio non sono assimilabili a confuse allucinazioni, in quanto sono altamente strutturate, con un impianto narrativo, facilmente ricordate e chiare."
La terza possibile spiegazione è metafisica, le esperienze di pre-morte vengono viste come indice della continuazione della vita dopo la morte. Tutti e quattro i pazienti oggetto dello studio svolto a Southampton si sono dichiarati cristiani sebbene nessuno si è definito come praticante - uno ha detto di essere pagano - e nessuno ha visto figure di tipo religioso durante le proprie esperienze di pre-morte.
Dott. Parnia, ha aggiunto: "Durante gli arresti cardiaci l'attività della radice cerebrale è persa rapidamente. Essa non dovrebbe essere in grado di sostenere dei processi lucidi o permettere la formazione di ricordi durevoli.
Esiste la necessità, di un largo e esaustivo studio che sia in grado di dirci se la mente è prodotta dal cervello o se è una entità separata. Se la seconda ipotesi fosse corretta questo porterebbe a conseguenze quasi inimmaginabili."
Dott. Sam Parnia, Ricercatore Associato, Università di Southampton.
Esiste la necessità, di un largo e esaustivo studio che sia in grado di dirci se la mente è prodotta dal cervello o se è una entità separata. Se la seconda ipotesi fosse corretta questo porterebbe a conseguenze quasi inimmaginabili.
I medici che hanno trovato la prima prova scientifica a sostegno del possibile proseguimento dell'esistenza dopo questa vita hanno costituito una fondazione di beneficenza per approfondire lo studio sulla mente umana in prossimità della morte.
I ricercatori dell'Università di Southampton hanno appena pubblicato un articolo scientifico in cui vengono esposti i dettagli relativi ai loro studi sulle esperienze di pre-morte, studi che sembrerebbero supporre che la coscienza e la mente possano continuare ad esistere dopo che il cervello ha cessato di funzionare e il corpo è dichiarato clinicamente morto.
Il gruppo di ricerca ha trascorso un hanno studiando i casi di persone rianimate in seguito ad un arresto cardiaco nel General Hospital di Southampton. I pazienti oggetto dello studio erano stati tutti dichiarati, per periodi di tempo differenti, clinicamente morti in quanto privi di polso, con assenza di respirazione e pupille fisse e dilatate.
Indipendenti studi riguardanti l'encefalogramma hanno confermato che l'attività elettrica del cervello, e quindi il suo funzionamento, cessano in quel momento. Ciò nonostante, sette dei 63 pazienti di Southampton sopravvissuti all'arresto cardiaco (pari all'11%) ricordano emozioni e visioni avvenute durante il periodo di incoscienza.
Il Dott. Sam Parnia, co-autore dello studio, è uno dei quattro amministratori della Horizon Research Foundation. Egli afferma "Lo scopo della fondazione è duplice. In primo luogo, ci rivolgiamo sia alle figure professionali, sia a coloro che hanno indagato o cercheranno di approfondire le proprie ricerche, in modo da offrire una fonte divulgativa sulle esperienze e sulle questioni aperte concernenti la fine della vita.
Pubblicheremo un pacchetto informativo e per un abbonamento di dieci sterline i sottoscrittori saranno tenuti aggiornati sugli ultimi sviluppi attraverso newsletter periodiche e attraverso il nostro sito web.
Organizzeremo inoltre seminari e conferenze per informare gli interessati. Ogni sterlina guadagnata sarà utilizzata per svolgere ulteriori ricerche scientifiche sulla mente umana al termine della vita."
Nello studio condotto a Southampton i 63 sopravvissuti ad attacchi cardiaci sono stati intervistati entro una settimana dall'infarto; è stato chiesto loro se ricordassero qualcosa del periodo in cui non erano stati coscienti.
Sette dei sopravvissuti hanno riportato qualche esperienza di pre-morte e quattro pazienti (il 6%) hanno superato i rigidi criteri di Greyson generalmente usati per diagnosticare le esperienze di pre-morte
Essi ricordano esperienze di pace e di gioia, una sensazione di tempo accelerato, sensi intensificati, perdita di consapevolezza del proprio corpo, la visione di una luce bianca, l'ingresso in un altro mondo, l'incontro con un essere mistico o con parenti defunti, e la sensazione di giungere in un punto di non ritorno.
Questo fa sorgere la domanda su come questi pensieri lucidi possano accadere quando il cervello è clinicamente morto. Il Dott. Parnia, ricercatore associato della clinica universitaria e ufficiale civile, afferma: "Il punto principale delle esperienze di pre-morte risiede nella comprensione della relazione esistente tra cervello e mente; questo è rimasto un punto aperto nel dibattito contemporaneo che avviene in ambito filosofico, psicologico e neuroscientifico.
A livello scientifico si conosce molto poco dell'esperienza soggettiva della morte, della natura della mente umana e del suo risultato durante la morte clinica. Questo campo sta assumendo notevole importanza nella medicina.
Ciò che abbiamo trovato ha la necessità di essere investigato in uno studio più ampio. Ma qualora i risultati venissero replicati ciò comporterebbe il fatto che la mente può continuare ad esistere dopo la morte del corpo, o in una vita futura."
Casi di esperienze pre-morte sono stati trovati in molte culture diverse e in diversi periodi storici; è stimato che circa il sei percento delle persone che hanno sofferto di un arresto cardiaco hanno provato tali esperienze.
Attualmente esistono tre spiegazioni per questi casi. La prima è fisiologica; le allucinazioni che il paziente sperimenta sarebbero causate da una alterato stato chimico del cervello dovuto a trattamenti farmacologici, a carenza di ossigeno o cambiamenti dei livello di anidride carbonica.
Nello studio condotto a Southampton nessuno dei quattro pazienti con esperienze di pre-morte ha subito una bassa ossigenazione o è stato sottoposto a combinazioni farmacologiche inusuali durante la propria rianimazione.
Una seconda spiegazione sostiene che le esperienze fuori dal corpo (N.d.T. out of body experience), esperienze vivide di tunnel, di luci o di parenti defunti sarebbero costruite dalla mente per facilitare il processo della morte."
Il Dott. Parnia, aggiunge: "Le caratteristiche delle esperienze pre-morte di questo studio non sono assimilabili a confuse allucinazioni, in quanto sono altamente strutturate, con un impianto narrativo, facilmente ricordate e chiare."
La terza possibile spiegazione è metafisica, le esperienze di pre-morte vengono viste come indice della continuazione della vita dopo la morte. Tutti e quattro i pazienti oggetto dello studio svolto a Southampton si sono dichiarati cristiani sebbene nessuno si è definito come praticante - uno ha detto di essere pagano - e nessuno ha visto figure di tipo religioso durante le proprie esperienze di pre-morte.
Dott. Parnia, ha aggiunto: "Durante gli arresti cardiaci l'attività della radice cerebrale è persa rapidamente. Essa non dovrebbe essere in grado di sostenere dei processi lucidi o permettere la formazione di ricordi durevoli.
Esiste la necessità, di un largo e esaustivo studio che sia in grado di dirci se la mente è prodotta dal cervello o se è una entità separata. Se la seconda ipotesi fosse corretta questo porterebbe a conseguenze quasi inimmaginabili."
Dott. Sam Parnia, Ricercatore Associato, Università di Southampton.
Gio Mar 22, 2012 10:10 pm Da Filippo Bongiovanni
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