Sappiamo quanto è stata dura e difficile la vita di Benedetta, specialmente nell'ultimo anno quando tutti i sensi in lei si sono spenti, come dice lei stessa: "Nella notte buia dei miei faticosi giorni" (22.4.1963). Sappiamo anche come la sua fede e la sua preghiera proprio in questa grande prova hanno raggiunto vette straordinarie. Mi sembra che una caratteristica della sua preghiera, del suo colloquio con il Signore, sia stata un nuovo e spirituale uso dei sensi: quello che le era impossibile fisicamente l'ha fatto nella fede e nello Spirito.
Nelle due foto Benedetta
da adolescente e da malata
Nella sua preghiera, Benedetta non espone tanto nozioni o concetti su Dio, quanto la sua esperienza di Dio, come lo sente e lo vede vicino a sé. Ripercorrendo in particolare il cammino del suo ultimo anno vorrei presentare alcuni dei suoi pensieri più profondi riguardo al vedere ed al sentire Dio.
"Dentro di me ho sentito ancora la voce del Padre. Assetata sono corsa a farmi confortare. Era Lui. L'ho risentito! L'ho ritrovato, che sollievo!" (Estate 1963).
"Io sento che in Lui debbo essere serena: perché Lui è la luce, è promessa più eloquente, più vibrante che la parola umana" (Luglio 1963).
"Il mio buio mi pesa, ma lo preferisco, se questo è il prezzo per camminare con più luce dentro al cuore" (7 giugno 1963).
"Ho già sentito la Sua voce: la voce dello Sposo!" (14 agosto 1963).
"Io, nel mio buio terribile, nel mio silenzio pauroso, attendo la Sua luce e la dolcezza della Sua parola, perché Lui verrà per condurmi alla Sua casa" (1 ottobre 1963).
Benedetta sente molto la presenza del Signore, il suo sguardo (com'è diverso il suo "Dio mi guarda" dal nostro "Dio mi vede"!).
"Da quando so che c'è chi mi guarda lottare cerco di fauni forte: com'è bello così!" (28 febbraio 1961).
Benedetta, ormai paralizzata, vive la sua fede come incontro e abbraccio con il Signore, come un prendersi per mano, camminare con Lui e verso di Lui.
"Stringiti ogni giorno nella mano di Dio" (1963).
"Con Lui mi sento di poter camminare lontano, in capo al mondo, se Lui vorrà" (Estate 1963).
"Ho bisogno, per vivere, di sentire che Dio vive in me" (Giugno1963).
"Nella notte cercavo Lui solo, da sempre. E Lui è venuto, mi ha consolata, mi ha accarezzata nei momenti di paura e di dolore più forte, proprio quando tutto mi pareva crollato" (24 luglio 1963).
Particolarmente frequente è il suo abbandono sulle spalle di Cristo, che si riferisce senza dubbio alla parabola del buon pastore, vissuta però in senso personale come incontro e abbraccio con lo Sposo, l'unico vero abbraccio a lei possibile a un livello mistico elevato e singolare.
"Le mie giornate sono lunghe e faticose, però con l'aiuto divino riesco ,a riposarmi, abbandonata sulle spalle di Cristo. Con Lui mi pare di essere in una cella chiusa, ma in cammino verso un porto dove la pace è sicura ed eterna. E mi sciolgo in tenerezza, trasalendo quando mi pare di essere da Lui presa per mano" (Pasqua 1963).
"Mi sono trovata abbandonata sulle spalle di Cristo. Avevo timore, prima, di farlo; era il timore della croce" (Giugno 1963).
"Quasi per incanto ritrovo in Lui tutta la mia serenità, appoggiata alla Sua spalla" (Luglio 1963).
"Se barcollo, Lui sa come immediatamente guardarmi, chiamarmi e mi trova, e ci ritrova" (28 agosto 1963).
"Sotto il peso di una croce pesante Lo chiamo con amore, ai Suoi piedi, e Lui dolcemente mi fa posare la testa sul Suo grembo. Capisci... conosci tu la dolcezza di questi istanti?" (16 ottobre 1963).
"Signore, mi hai afferrata... mi hai segnata col fuoco del tuo amore, del tuo sguardo che si è fermato un attimo su di me e io ti ho sentito" (17 maggio 1963).
"Tutto quello che è saldo in noi è perché Dio ci tiene stretti con la Sua mano, momento per momento" (Luglio 1963).
"Io lo chiamo qui accanto a me, come se il mio letto fosse una piccola grotta, una deserta cella, e Lui dovesse aiutarmi ad uscire ed a insegnarmi ad assolvere meglio il mio compito" (22 aprile 1963).
"Sono brutte le tenebre, eppure io so di non essere sola: nel mio silenzio, nel mio deserto, mentre cammino, Lui è qui, mi sorride, mi precede, m'incoraggia per aiutarlo a portare a Lui qualche briciola d'amore" (1 giugno 1963).
"Le mie giornate non sono facili; sono dure, ma dolci, perché Gesù è con me, col mio patire, e mi dà soavità nella solitudine e luce nel buio. Lui mi sorride e accetta la mia cooperazione con Lui" (1963).
Vengono spontanee alcune domande a chiunque accosta il mistero della vita di Benedetta. Come ha fatto a portare questo "infinito senso di dolore e di angoscia"? (22 aprile 1963).
Come ha superato la paura che prende perfino chi legge la sua vita? Come ha superato la disperazione, diventando da questo punto di vista un faro e un modello per i nostri tempi malati di depressione e angoscia?
Tali domande trovano risposta nei pensieri tratti dalle sue lettere.
"Stringiti ogni giorno nella mano di Dio" dice in una sua lettera (1963).
Benedetta lo ha fatto, la sua preghiera è diventata alla fine unione mistica con il Signore.
La sua mano paralizzata è stata presa dal Signore, il suo occhio spento ha visto la Luce, il suo orecchio ha sentito il Signore, il suo corpo immobile ha abbracciato il Signore.
"Ho tanto desiderio di salire, ma la montagna verso l'Alto è faticosa, e se Lui non mi tende la mano per aiutarmi, io non riuscirò più a fare passi" (13 maggio 1963).
Da questa fede e da questa preghiera, da questa unione mistica Benedetta ha trovato una pace profonda:
"Tutto è grazia, tutto è bene, tutto va a gloria di Dio" (19 settembre 1963).
"Più vado avanti, più ho la certezza che «grandi cose ha fatto in me Colui che è potente» e l'anima mia glorifica il Signore. Davvero in ogni attimo, in ogni soffio, io ho le prove che Dio mi aiuta dolcissimamente" (11 ottobre 1963).
"Prima nella poltrona, ora nel letto, che è la mia dimora, ho trovato una sapienza più grande di quella degli uomini. Ho trovato che Dio esiste ed è amore, fedeltà, gioia, certezza, fino alla consumazione dei secoli" (1963).
Quanta forza c’è in questo suo grido:
"Sono cieca, sorda, quasi muta, perché a fatica mi faccio capire, ma io dico con S. Giovanni nel Vangelo: in principio era la luce…" (Maggio 1963).
“Io nel mio cuore, mi sentivo trasalire di gioia” (ultima lettera 11 gennaio 1964).
Davanti a questo altissimo esempio che ci ha dato Benedetta, mi sembra che il cammino più bello e penetrante lo abbia dato Maria Grazia Bolzoni:
“Tu sei stata per me la strada: tu mi hai dato la testimonianza di Lui. A quelli che mi parlavano di Lui non ho creduto. Ma a te, che hai sofferto e soffri insieme a Lui, io non posso non credere. Hai vinto”.
Viedellospirito.it abbina alla testimonianza
il video dedicato a Benedetta Bianchi Porro
intitolato "Un fiore nel giardino di Dio"
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