Una nuova consapevolezza: quella dell’esistenza di un mondo spirituale in nulla limitato perchè non appesantito dalla gravezza della materia.
Sforzarsi di dare ad ogni costo una spiegazione razionale a fenomeni non conformi all’andamento usuale delle cose è una peculiarità della mente umana. Tutto ciò che in qualche modo trascende l’idea limitata che abbiamo della realtà ci obbliga alla spasmodica ricerca di una giustificazione in grado di dare riparo sicuro a quelle “certezze” tanto faticosamente guadagnate nel corso di secoli di storia.
Ma non è persistendo in modo irragionevole ad assumere una posizione di difesa che riusciremo a cancellare la presenza di fenomeni soprannaturali che, volenti o nolenti, fanno parte della nostra realtà e meritano uno studio attento e approfondito.
Quando nel settembre del 1927 il dott. Fritz Gerlich si recò a Konnersreuth per cercare, “in nome della ragione e della scienza”, di fare luce sul caso della stimmatizzata Teresa Neumann, si trovò di fronte ad una donna, dall’aspetto umile, che di li a non molto tempo sarebbe riuscita a dare alle sue verità un nuovo e più ampio significato.
I segni della crocifissione del Cristo che tanto aristocraticamente soffriva nella sua carne, il digiuno durato trentasei anni e la vasta gamma di fenomeni soprannaturali legati al suo personaggio, rappresentavano e rappresentano la prova fisica dell’esistenza di “qualcosa” che va oltre le nostre percezioni sensoriali e che vorrebbe aprire le nostre coscienze ad una nuova consapevolezza: quella dell’esistenza di un mondo spirituale in nulla limitato perché non appesantito dalla gravezza della materia.
In quale altro modo, d’altronde, si potrebbero spiegare la totale mancanza di sete e di appetito che caratterizzò la figura di Teresa di Konnersreuth, piccolo paese della Baviera settentrionale e che fu sempre motivo di accese polemiche? Nel luglio del 1927 la curia di Ratisbona ordinò che venisse effettuata un’attenta analisi atta a verificare l’esistenza o meno di tale fenomeno preternaturale.
Dopo aver appurato che un individuo non può sopravvivere per più di undici giorni senza cibo nè acqua, una commissione medica composta da uno psichiatra, il dott. Ewald, da un medico, il dott. Seidl e da quattro suore, sorvegliò Teresa per un periodo di quindici giorni. A gruppi di due le suore, sotto giuramento, controllarono ininterrottamente anche il più piccolo movimento della donna.
A Resl, nome con cui veniva indicata Teresa, venne proibito l’accesso alla toilette: tutte le secrezioni venivano raccolte ed esaminate. I medici eseguirono attente analisi alle ferite e controllarono più volte il peso e la temperatura corporea del soggetto. Al termine dei quindici giorni i medici dichiararono l’autenticità delle stigmate e confermarono che nessuna sostanza era stata ingerita dalla donna durante il periodo di analisi.
Tutti coloro che ebbero modo di conoscerla non riscontrarono in Teresa alcuna forma di isteria, di autosuggestione o di cosiddetto “bigottismo” che, secondo il parere di alcuni “esperti” sarebbero la spiegazione alla comparsa delle piaghe sanguinanti di Cristo nel corpo della donna. Una volta, in risposta ad una tale insinuazione, la Resl disse: “Se lei immagina di essere un bue pensa che le crescerebbero le corna?”
Teresa di Konnersreuth era una ragazza devota, intelligente e serena, capace di vivere eventi straordinari senza per questo rinunciare ad essere una persona come tutte le altre, con i suoi pregi ed i suoi difetti.
Per circa settecento volte rivisse la Passione di Cristo sotto forma di visione e provò nella carne il dolore della flagellazione, dell’imposizione della corona di spine, della via verso il Calvario e della crocifissione. “Chi ha potuto assistere a questa visione”, disse il dott. Johannes Steiner nell’intento di descrivere la donna durante le visioni della Passione e morte di Gesù, “ne ha riportato l’immagine di un martirio perfetto e impressionante, ma pur sempre nobile, commovente e composto.
Si vedevano le mani muoversi intorno alla fronte, come per allontanare le spine, le dita delle mani contrarsi nello spasimo doloroso dei chiodi della crocifissione, la lingua che cercava di umettare le labbra riarse…”
Per queste e altre sofferenze la stimmatizzata non fu mai udita lamentarsi, sempre felice di poter fare la volontà di Dio e di rendersi strumento di esempio al suo prossimo. E lei amava il suo prossimo, tanto che fin da ragazzina manifestò il desiderio di partire per l’Africa come missionaria, una volta che il suo aiuto in casa non fosse più stato indispensabile.
Teresa, infatti, cominciò ben presto ad occuparsi dei fratellini e delle faccende domestiche e già all’età di tredici anni contribuiva, lavorando, al bilancio familiare. La giovane Resl fu costretta quindi a lasciare gli studi non appena ebbe terminato la scuola dell’obbligo ed è per questo motivo che la facilità con cui parlava correttamente greco, latino, francese ed aramaico, durante le visioni, strabiliò esperti quali il professore di filologia semitica Johannes Bauer, l’orientalista e papirologo viennese prof. dott. Wessely e l’arcivescovo cattolico di Ernaculum in India, dott. Jos. Parecatill. I tre concordavano nell’affermare che Teresa si esprimeva nella lingua che si parlava in Palestina ai tempi di Gesù.
La cosa è piuttosto curiosa vista la sua scarsa erudizione scolastica. Chi le suggeriva quindi le frasi che pronunciava? Chi le dava la forza di sopportare il dolore, la facoltà di leggere i pensieri, la possibilità di vivere senza ingerire nè cibo nè acqua?
Interrogativi, questi, ai quali la razionalità umana non può dare una risposta. I molteplici ed affascinanti aspetti della vita umana e spirituale di Teresa Neumann, una delle più importanti figure mistiche del nostro secolo, ci invitano ad aprire, a risvegliare le nostre coscienza verso una realtà che, se solo lo volessimo, potrebbe rivelarci il vero significato della vita.
L’ORIENTE INCONTRA L’OCCIDENTE
Una delle più autorevoli testimonianze del profondo impatto spirituale che scuoteva gli animi di coloro che incontravano Teresa, viene dall’India. Paramahansa Yogananda, forse il più noto yogi del mondo ha incontrato la Resl e ne ha riportato l’immagine di una donna semplice e dotata di un profondo sentimento religioso.
“Subito Teresa entrò”, racconta nel suo libro “Autobiografia di uno Yogi”, “irradiando un’aura di pace e di gioia. Indossava un vestito nero e portava in testa un fazzoletto bianchissimo. Aveva a quell’epoca trentasette anni ma sembrava assai più giovane; possedeva una freschezza e un fascino infantili. Sana, robusta, dalle guance rosee, allegra, questa è la Santa che non mangia!
Teresa mi salutò con una stretta di mano estremamente gentile. Eravamo entrambi raggianti, uniti in una silenziosa comunione, consci di amare entrambi profondamente Iddio.
‘Non mangiate mai nulla?’
‘No. Solo un’ostia consacrata ogni mattina alle sei’.
‘Ma non è possibile che abbiate vissuto solo di questo per dodici anni!’
‘Vivo della luce di Dio!’
‘Vedo che vi rendete conto che l’ energia fluisce nel vostro corpo dall’etere, dal sole e dall’aria’.
Un rapido sorriso le illuminò il volto. ‘Sono così felice che comprendiate come vivo!’
‘La vostra santa vita è una quotidiana dimostrazione della verità pronunciata dal Cristo: ‘Non di solo pane vive l’uomo ma di ogni parola che procede dalla bocca di Dio’.
Di nuovo manifestò gioia alla mia spiegazione. E’ proprio così. Una delle ragioni per cui sono oggi sulla terra, è appunto quella di dimostrare che l’uomo può vivere dell’invisibile luce di Dio, e non di cibo soltanto’.
Mi resi subito conto che, per mezzo della sua strana vita, Dio aveva voluto dimostrare a tutti i cristiani l’autenticità storica della vita di Gesù e della crocifissione com’è narrata nel Nuovo Testamento e palesare in modo drammatico l’eterno vincolo esistente tra il Maestro di Galilea e i suoi fedeli”.
LE VISIONI
Ed è indubitabilmente impressionante lo spettacolo che si presentava agli occhi dei numerosi testimoni che ebbero modo di assistere alle “visioni di Teresa”. Il sangue che usciva copioso dalle ferite le inzuppava i vestiti mentre l’espressione del suo volto testimoniava una profonda sofferenza fisica e spirituale. La Resl, oltre che per il dolore delle piaghe sanguinanti soffriva nel vedere il “Salvatore”, come lei amava chiamare Gesù, insultato e torturato e non mancava di esprimere con vivacità la sua rabbia.
Come già precedentemente accennato, durante le estasi mistiche la donna era solita pronunciare parole in lingue che non aveva mai avuto modo di studiare. La cosa stupiva non poco gli esperti tra i quali figuravano nomi illustri quali quello del prof. Wutz. Questi rimase colpito dalla parola “As-che”, che significa “ho sete”. Fino a quel momento gli studiosi del Nuovo Testamento avevano reso quel concetto con il termine “sachena”.
In seguito ad uno studio approfondito e dopo aver consultato un considerevole numero di testi e dizionari tra i più antichi che conosceva, il dott. Wutz scoprì che Gesù in croce si rivolse ai suoi carnefici pronunciando proprio la parola “As-che”.
“Rimane inesplicabile”, commentò in seguito il dott. Wesseley, “Come Teresa abbia potuto pronunciare una sentenza fino ad ora non conosciuta dagli orientalisti che l’ascoltavano, e che essa abbia potuto usare una parola aramaica inattesa da loro stessi, per quanto assolutamente corretta”.
Questo caso, che non rimane comunque isolato, è una delle prove più convincenti a sostegno della natura soprannaturale delle visioni di Teresa.
Gio Mar 22, 2012 10:10 pm Da Filippo Bongiovanni
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