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    L'errore in filosofia....

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    L'errore in filosofia.... Empty L'errore in filosofia....

    Messaggio  Patrizia Sab Set 18, 2010 1:42 am

    L'errore in filosofia.... NumeriL’ERRORE IN FILOSOFIA.

    ......Cosa vuol dire sbagliare in matematica? È possibile sbagliare? La risposta più immediata è che l’errore in matematica è di matrice calcolistica, quindi un errore sempre interno ad un determinato assetto di regole o procedure.........
    L’ERRORE IN FILOSOFIA.
    Metaforica e topologia concettuale.
    La ricerca filosofica non nasce in vitro, bensì in vita. Così come non esiste un punto zero in cui cominciar a percorrere i
    sentieri dello studio e della riflessione, è dalla prassi linguistica quotidiana che dobbiamo prendere le mosse nel momento
    in cui desideriamo indagare i nodi più problematici del nostro sapere sul mondo. In questa direzione si tratta di
    tematizzare quelli che costituiscono l’insieme medio degli asserti sulla filosofia che il parlante comune o lo stesso
    specialista emettono nel corso della loro vita. Coloro che hanno ritenuto e ritengono ancora necessario emendare la
    filosofia dagli errori della lingua, istituendo una profonda divaricazione tra la dimensione della
    Sprachlogik e della Logik
    non possono astenersi da quest’importante compito. È proprio prendendo poco sul serio quello che si chiama sapere pre-
    filosofico che si commette l’errore che si denuncia: la vera ingenuità non risiede mai nell’oggetto di una ricerca ma nel
    metodo con cui la si affronta. Allorquando la nostra attenzione si focalizza su asserti comuni e ben più volte pronunciati
    come “in filosofia”, “un discorso tra la filosofia e la matematica”, “al di fuori della filosofia”, ciò che in maggior misura
    dovrebbe colpirci risiede proprio nelle preposizioni spaziali o temporali di cui facciamo uso e della metaforica che esse
    non di rado dischiudono. “In”, “tra”, “al di fuori” se grammaticalmente sono preposizioni, nella fattispecie temporali o
    spaziali, da un punto di vista più profondo, sono portatrici di una vera e propria topologia concettuale, topologia che,
    proprio in quanto anonima e clandestina, viene assunta come naturale o, per meglio dire, non meritevole d’essere studiata
    con dovizia. Eppure, molte delle c.d. questioni fondazionali sono già decise o orientate dalla stessa metaforica delle
    preposizioni temporali e spaziali. Che vuol dire quando dico “in filosofia non c’è un criterio in base al quale operare un
    controllo finito di una procedura argomentativa?”. Non è forse vero che in maniera alquanto immediata si suppone che
    esista qualcosa come la filosofia, qualcos’altro come la fisica o la teoria dell’arte? Certo, questo funziona, ecco appunto,
    funziona, quando devo compilare un pagella scolastica indicando le varie materie e i rispettivi voti, quando devo catalogare
    dei libri, ma qui siamo alle prese con le esigenze praticamente giustificate dell’intelletto
    tabellare. Ma il filosofo che dalla
    quotidianità deve partire e che nella quotidianità finisce per approdare, movimento apparente si direbbe!, poco incline
    all’accettazione naturalistica di ciò che succede o accade e quindi sempre pronto a porre in rilievo la problematicità di ogni
    cosa, si ritrova a domandarsi che cosa sia quello iato che intercorre tra le cose, i concetti o le idee. Egli sa che una
    metaforica pur portando una topologia concettuale, non è una topologia concettuale o, per meglio esprimerci, il
    fenomeno
    non è il significato. In tal modo, si giunge all’esito paradossale che in concreto, cioè more philosophico, due entità teoriche
    qualsiasi come la matematica e la filosofia hanno ben più di una somma mereologica o intersezione insiemistica, metafora
    a piacer vostro, a differenza di quanto in termini pratici si ritenga. Il filosofo vuole e deve indagare che cosa sia la
    topologia concettuale al di là della metaforica da cui si è generata. Se priviamo ogni preposizione del carico di teoria che
    essa presuppone, della metafisica che essa implica, possiamo studiare il significato delle distinzioni intra ed intertematiche.
    In questa direzione, un buon metodo per riflettere su tali problemi, consiste nel focalizzarci sulla natura dell’errore in una
    singola disciplina. Se sono un appassionato o studioso di matematica, potrei domandarmi che cosa sia un errore in
    matematica? Cosa vuol dire sbagliare in matematica? È possibile sbagliare? La risposta più immediata è che l’errore in
    matematica è di matrice calcolistica, quindi un errore sempre interno ad un determinato assetto di regole o procedure.
    Eppure, già nella stessa prassi matematica, questa è la tipologia d’errore più semplice, tipologia nei confronti della quale
    potremmo nutrire un interesse laddove fossimo canuti professori liceali pronti ad ammonire con severe parole la
    disattenzione dello studente. Ma che succede quando un errore non è sul piano dello spazio operativo aperto dall’uso
    delle regole, ma intacca il livello stesso delle regole o più generalmente dei codici? E già da queste brevi battute ci stiamo
    accorgendo di come le questioni diventino sempre più problematiche. La mia proposta è quella di studiare che cosa sia un
    errore in filosofia, se esso possa presentarsi, se sia uno o molteplice, se abbia uno statuto autonomo e che rapporti possa

    nutrire con le altre tipologie d’errore.
    fonte: http://www.openpost.it/download/L----errore-in-filosofia..pdf

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