Vita e coscienza si uniscono in tutto ciò che noi chiamiamo “realtà fisica”, perché dalla loro unione scaturisce quella vampata multiforme di vibrazione che costituisce l’universo visibile.Gli esseri viventi emergono dall’oceano dell’Essere come la spuma emerge dai flutti del mare e chi ne osserva il continuo susseguirsi in frammentate e piccole onde, senza avere coscienza né cognizione delle profondità sottostanti, non ne potrà mai comprendere la vera ragione totale, la vera fonte generatrice e penserà che quelle onde e quella spuma sono bizzarre danze fatte di vento e di correnti.Tutto ciò che nell’universo si manifesta genera di per sé le gabbie in cui si delimita, come lo spazio ed il tempo, ma esse non hanno alcun senso nel momento in cui la manifestazione visibile torna nel grande oceano dell’Essere.Pertanto, quelle che noi chiamiamo vita e morte non sono che rappresentazioni fugaci di una commedia che trova la sua ragion d’essere in qualche ignota volontà o legge che, vibratoriamente, deve espandersi anche in questo modo.Terminata l’esperienza fugace della vita sensibile nell’inganno della materia, il grande enigma è se ogni piccola particella di vita-coscienza, reimmergendosi nell’oceano dell’Essere, conservi o meno una bolla di individualità e magari, osando ancor più nella nostra speculazione, riemerga di tanto in tanto oltre la linea della manifestazione oggettiva per proseguire il cammino dell’esperienza.In effetti, questo cammino, che non si sa quando possa avere fine, potrebbe essere la ragione ultima dell’inganno materiale.Potrebbe anche darsi che l’Essere si frammenti in miliardi e miliardi di particelle vitali per rigenerare sé stesso in una sorta di moto circolare da compiere proprio nelle esperienze manifeste, per rigenerarsi in una perpetua procreazione.
Ecco, dunque, il moto ultimo delle cose divenire anche il suo motore primevo: la “rigenerazione” attraverso la manifestazione nei piani visibili.La volontà che presiede a tutto ciò e, ancor più, se abbia un senso domandarsi quando l’oceano ha iniziato a spumeggiare, sono quesiti che probabilmente non troveranno mai risposta; ma nello spirito stesso dell’uomo che si domanda il perché della propria esistenza e nel graduale maturare di queste consapevolezza possono assommarsi sufficienti appagamenti per il nostro desiderio di conoscenza.Vivere, manifestarsi e fare esperienza, infatti, non sarebbe sufficiente se non ci fosse di pari passo anche un accrescimento di coscienza e, siccome il tempo è infinito e non esiste certo alcuna fretta nel disegno finale della “rigenerazione”, l’Essere (qualunque cosa esso sia) ha creato la scala dei supporti di coscienza, ovvero la grande varietà di forme di vita manifesta e di esseri che la ospitano.Il moto è, indubbiamente, ascendente, dal protozoo all’homo sapiens sulla Terra e, chissà, in quante altre forme di vita intelligente negli universi.Un’unica corrente ascensionale, dimora pressoché immediata di coscienza dall’atomo all’uomo, ci accomuna tutti nel percorso manifesto e, proprio per questo, in realtà non esiste alcuna differenza fra essere ed essere.
Un pesce fuor d’acqua si dibatte per qualche minuto e poi muore. In quei guizzi sempre più deboli e nel momento estremo del passaggio dalla vita manifesta all’abbandono del mezzo fisico, dobbiamo vedere uno spettacolo sacro, come nella morte fisica di qualsiasi essere manifesto: la sacralità di una cellula di vita-coscienza che segue il suo cammino e che non si perde nel nulla assoluto che è un concetto per menti pigre e vigliacche.La cosiddetta agonia di un qualsiasi essere vivente è un momento sacro quanto la cosiddetta nascita: sono entrambi manifestazioni del più finalistico disegno concepibile, della somma di tutti i nostri interrogativi, della nostra sete di certezze.
Sono la prova visibile di quel percorso che ci obbliga a capire che siamo tutti trascinati in una corrente e che, senza questo moto delle cose, esisterebbe solo l’illogico nichilismo del caso finalizzato al nulla.Esiste un battito cardiaco, nell’Essere, proprio come quello che rende possibile la nostra vita in un corpo; questo battito, questa pulsazione, è il susseguirsi della manifestazione nei cicli vitali e negli universi e, se in esso vogliamo vedere un principio vitale, come certamente c’è, è perché abbiamo raggiunto la consapevolezza che non esiste staticità bensì moto in ogni cosa ed il moto non è senza senso e senza meta.
Tutti gli universi, con le loro galassie fatte di Soli e di mondi, oppure con le varie forme vibrazionali che sono già meno della materia da noi concepita, non sono altro che la cresta dell’onda di un oceano così vitale, intelligente e permeato di coscienza che solo l’estasi di un mistico può fugacemente afferrare nei suoi momenti più elevati.
Lo sforzo più nobile della nostra intelligenza consiste nell’attraversare in moto verticale l’oceano, e non orizzontale. Nello scendere dalla cresta dell’onda alle abissali infinità che si celano sotto di esse.Non serve a nulla conoscere alla perfezione l’onda se non si conoscono il mare ed i segreti del suo moto e possiamo essere certi che le profondità da esplorare sono tali e tante che solo immergendosi coscientemente ed umilmente in esse potremo riemergere senza danni e, anzi, arricchiti di esperienza.
Camminare consapevolmente verso la “rigenerazione” dell’Essere, arricchendo la coscienza di conoscenza, è ciò che ci aspetta e che dovremo fare probabilmente all’infinito.Quest’infinità temporale che ci attende sarebbe una terribile sorte, peggiore di ogni tortura, se non fosse così finalisticamente motivata. Ma, se non lo fosse, non esisterebbe nemmeno e, probabilmente, la vita sarebbe solo quell’episodico bagliore di sconclusionati eventi che costituisce la genesi dei pigri di mente. Un infinito non senso, come una foglia morta che si ribellasse al vento d’autunno che trascina via tutte le altre.
Fonte:edicolaweb.net
Articolo di Antonio Bruno
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