Il "Re del Mondo" di Guénon
Nel 1927 viene stampato a Parigi un libricino dall'apparenza innocua intitolato Le Roi du Monde, che in seguito risulterà il più emblematico e fra i più criptici della produzione di René Guénon che, ricordiamo, prende un arco di tempo fatidico nella storia d'Europa, tra primo e secondo conflitto mondiale del XX secolo. Più che altrove, in quelle pagine si può scorgere la volontà dell'autore di trasmettere qualcosa al di là delle chiarificazioni metodologiche e dottrinarie sulla Tradizione Sapienziale o la Parola Perduta, punti di forza della sua vasta bibliografia. Le Roi du Monde si colloca in un periodo particolare nella vita di Guénon (foto in alto) il quale, a un iniziale interesse per dottrine orientali e neo-spiritualismi, fece seguito la stesura di saggi indirizzati marcatamente su temi storici e di critica alla modernità, tentando forse un innesto più diretto nel dibattito culturale contemporaneo: La crìse du monde moderne è dello stesso anno, di due anni posteriori Autorité spirituelle et pouvoir temporel e Saint Bernard. Il Re del Mondo (ultima in Italia Adelphi, 1977, più volte ristampato) tanto per ciò che asserisce quanto per quello cui allude è conseguentemente quel testo che lascia più perplesso l'eventuale pubblico profano che voglia accostarsi all'opera di Guénon; eppure a oggi non possiamo che constatare come null'altro sull'argomento sia emerso di più incisivo e rivelatore. Ci si soffermerà in particolare sul capitolo secondo, che richiama in parte e completa quanto riportato dal nostro precedente René Guénon e i Templari, (HERA 110). Eccone l'incipit: «Il titolo di Re del Mondo, inteso nella sua accezione più elevata, più completa e insieme più rigorosa, viene attribuito propriamente a Manu, il Legislatore primordiale e universale il cui nome si ritrova, sotto forme diverse, presso numerosi popoli antichi; ricordiamo soltanto, a questo proposito, il "Mina" o "Menes" degli Egizi, il "Menw" dei Celti e il "Minosse" dei Greci. Tale nome, del resto, non indica un personaggio storico o più o meno leggendario. Esso designa, in realtà, un principio, l'Intelligenza cosmica che riflette la Luce spirituale pura e formula la Legge (Dharma) propria delle condizioni del nostro mondo o del nostro ciclo di esistenza; ed è, al tempo stesso, l'archetipo dell'uomo considerato specialmente in quanto essere pensante. D'altra parte, l'importante qui è far rilevare che tale principio può essere reso manifesto da un centro spirituale stabilito nel mondo terrestre, da un'organizzazione incaricata di conservare integralmente il deposito della tradizione sacra, di origine "non umana " per mezzo della quale la Sapienza primordiale si comunica attraverso le epoche a coloro che sono in grado di riceverla ». Considerata la fase storica di quegli anni già da questo stralcio si coglie l'intenzione di Guénon di proporre questioni decisamente rilevanti: - L'assurdità di un potere temporale autoreferenziale o pendente da un' autorità spirituale priva di un collegamento super-umano (iniziatico?) legittimo e regolare; - l'universalità in essenza dei precetti di popoli e culture eterogenee in rapporto a questo Ente Regolatore; - l'esistenza tuttora di questo sistema regolatore, sebbene se ne sia persa da tempo la nozione, almeno in occidente. In particolare riguardo a quest'ultimo aspetto, più avanti precisa: «Vi era, nel medioevo, un'espressione che riuniva in sé, in un modo che vale la pena di sottolineare, i due aspetti complementari dell'autorità: a quell'epoca, si parlava spesso di una contrada misteriosa chiamata "regno del prete Gianni". Era il tempo in cui quella che si potrebbe designare la "copertura esteriore" del centro in questione era costituita, in buona parte, dai Nestoriani e dai Sabei... proprio questi ultimi si attribuivano il nome di "Mendayyeh di Yahia", cioè "discepoli di Gianni". A questo proposito, possiamo fare subito un'altra osservazione: è per lo meno curioso che numerosi gruppi orientali a carattere molto chiuso, dagli Ismaeliti o discepoli del "Vecchio della Montagna" ai Drusi del Libano, abbiano assunto tutti, similmente agli ordini cavallereschi occidentali, il titolo di "guardiani della Terra Santa"». Con la nota che Guénon inserisce proprio in questo punto, il ragionamento si completa, e non sembra incidentale l'allusione a certi simboli che stavano per essere "attivati" nel vecchio continente: Nota 8: «In Asia centrale, e particolarmente nella regione del Turkestan, sono state trovate croci ne storiane molto simili nella forma alle croci della cavalleria; alcune di esse, inoltre, portano al centro la figura dello swastika. - D'altra parte, bisogna notare che i Nestoriani, le cui relazioni con il Lamaismo sembrano incontestabili, svolsero un'azione importante, benché piuttosto enigmatica, all'inizio dell 'Islam. I Sabei, dal canto loro, esercitarono una grande influenza sul mondo arabo al tempo dei Califfi di Bagdad; vi è chi sostiene che presso di loro si siano rifugiati, dopo un soggiorno in Persia, gli ultimi neoplatonici» .
Le radici di un capolavoro
Ma non è sulle implicazioni magiche dell'ascesa del nazismo germanico di cui vogliamoqui discutere, quanto di come vi siano ancora elementi o gruppi in grado di manovrare forze e simboli di potenza, i cui effetti sono fuori dalla portata di comprensione della massa; una certa Magia dell'Aria che opera oggi sfruttando il potere persuasivo amplificato dei media; un meccanismo sottile, perciò "magico", agente emotivamente sul subconscio individuale e collettivo che, manipolato opportunamente, costruisce leader e carismi, ed esteriorizza degenerato quell'influsso spirituale di cui ha trattato Guénon ne Le Roi du Monde. Un esempio tra i tanti, il singolare caso dell'ultimo discendente dei Savoia, che nella canzone presentata a Sanremo, come già da più esperti rilevato, nelle otto battute musicali finali del pezzo cita la melodia del brano "Over the rainbow", colonna sonora del celeberrimo film musical americano del 1939 II Mago di Oz ovverossia viene citato, in maniera allusiva e apparentemente casuale l'arcobaleno, uno dei più comuni simboli del potere pontificale, unito nel Re del Mondo a quello regale, sul quale Guénon così divaga nel capitolo considerato: «l'arcobaleno, il ponte celeste, è un simbolo naturale del pontificato; e tutte le tradizioni gli attribuiscono significati perfettamente concordanti: così, presso gli Ebrei, esso è il pegno dell'alleanza di Dio con il suo popolo; in Cina, è il segno dell'unione del Cielo con la Terra; in Grecia, rappresenta Iride, la messaggera degli Dèi; un po' dappertutto, presso gli Scandinavi, i Persiani, gli Arabi, in Africa centrale e anche presso certi popoli dell'America del Nord, è il ponte che collega il mondo sensibile a quello sovrasensibile». Cogliamo un'altra singolare analogia: al festival musicale si sono presentati in trio, e anche i protagonisti del Mago di Oz sono un trio: un leone pavido, un boscaiolo di latta e uno spaventapasseri! Lungi dall'idea che persone o cose abbiano avuto intenti meno che leciti, pur tuttavia rileviamo come certe analogie siano ben curiose, e a maggior ragione se pensassimo che dette allusioni vengano personificate qui proprio in un discendente della famiglia dei Savoia, essendo questa stata per secoli depositaria della reliquia cristiana più controversa e più famosa, ovvero la Sacra Sindone, acquisita nel XV secolo dalla famiglia francese di Charny, con antenati acclarati appartenenti all'Ordine dei Templari; e quale migliore rappresentazione in ambito cristiano del Re del Mondo inteso come Cristo-Re? La parte conclusiva del dodicesimo e ultimo capitolo è fondamentale per inquadrare l'ottica con la quale Guénon avrebbe deciso di intraprendere la stesura de Le Roi du Monde: «Nel periodo attuale del nostro ciclo terrestre, cioè nel Kali-Yuga, questa Terra Santa, difesa da guardiani che la nascondono agli sguardi profani garantendone tuttavia certe relazioni esterne, è di fatto invisibile, inaccessibile, ma soltanto per coloro che non possiedono le qualificazioni richieste per penetrarvi... per noi, i fatti geografici e quelli storici hanno un valore simbolico che non toglie nulla della loro realtà propria in quanto fatti, e anzi conferisce loro, oltre a questa realtà immediata, un significato superiore. Siamo ben lungi dal pretendere di aver detto tutto il possibile sull'argomento del presente studio, e gli accostamenti che abbiamo fatto potranno anche suggerirne molti altri; comunque, abbiamo detto molto più di quanto mai sia stato detto finora, e alcuni saranno forse tentati di rimproverarcelo. Ciononostante, non pensiamo che sia troppo, e siamo anzi persuasi che in tutto questo non vi sia niente che non debba essere detto, benché proprio noi meno di ogni altro siamo disposti a contestare che siano giustificate le questioni di opportunità quando si tratta di esporre pubblicamente cose di carattere un po' inusitato. Ci limiteremo qui a una breve osservazione: nelle circostanze in mezzo alle quali viviamo attualmente, gli avvenimenti si svolgono con una tale rapidità che molte cose le cui ragioni non appaiono nell'immediato potrebbero trovare, prima di quanto si creda, applicazioni molto impreviste, se non del tutto imprevedibili. Vogliamo astenerci da tutto ciò che, in qualche modo, possa somigliare a una "profezia"; teniamo a citare tuttavia, per concludere, una frase di Joseph de Maistre... che è ancor più vera oggi che un secolo fa: «Bisogna tenerci pronti per un avvenimento immenso nell'ordine divino, verso il quale procediamo a una velocità accelerata che deve colpire tutti gli osservatori. Temibili oracoli annunciano già che i tempi sono giunti"». Concludiamo l'argomento, a modo di appendice, con uno scritto del Maggio 1945 riferito a Benito Mussolini di Elsa Morante, che ben rappresenta la condizione dell'uomo di potere privo di legittimazioni superiori, e che per noi calza perfettamente sia per personaggi dell'una quanto dell'altra sponda ideologica: «Il capo del Governo si macchiò ripetutamente durante la sua carriera di delitti che, al cospetto di un popolo onesto, gli avrebbero meritato la condanna, la vergogna e la privazione di ogni autorità di governo. Perché il popolo tollerò e addirittura applaudì questi crimini? Una parte per insensibilità morale, una parte per astuzia, una parte per interesse e tornaconto personale. La maggioranza si rendeva naturalmente conto delle sue attività criminali, ma preferiva dare il suo voto al forte piuttosto che al giusto. Purtroppo il popolo italiano, se deve scegliere tra il dovere e il tornaconto, pur conoscendo quale sarebbe il suo dovere, sceglie sempre il tornaconto. Così un uomo mediocre, grossolano, di eloquenza volgare ma di facile effetto, è un perfetto esemplare dei suoi contemporanei... Ammiratore della forza... cattolico senza credere in Dio, presuntuoso, vanitoso, fintamente bonario, buon padre di famiglia ma con numerose amanti, si serve di coloro che disprezza, si circonda di disonesti, di bugiardi, di inetti, di profittatori; mimo abile, e tale da fare effetto su un pubblico volgare, ma, come ogni mimo, senza un proprio carattere, si immagina sempre di essere il personaggio che vuole rappresentare». (Elsa Morante, tratto da Pagine autobiografiche postume, in Paragone Letteratura, n. 456, febbraio 1988). •
Fonte: Sante Ferrulli (HERA n.126)
Nel 1927 viene stampato a Parigi un libricino dall'apparenza innocua intitolato Le Roi du Monde, che in seguito risulterà il più emblematico e fra i più criptici della produzione di René Guénon che, ricordiamo, prende un arco di tempo fatidico nella storia d'Europa, tra primo e secondo conflitto mondiale del XX secolo. Più che altrove, in quelle pagine si può scorgere la volontà dell'autore di trasmettere qualcosa al di là delle chiarificazioni metodologiche e dottrinarie sulla Tradizione Sapienziale o la Parola Perduta, punti di forza della sua vasta bibliografia. Le Roi du Monde si colloca in un periodo particolare nella vita di Guénon (foto in alto) il quale, a un iniziale interesse per dottrine orientali e neo-spiritualismi, fece seguito la stesura di saggi indirizzati marcatamente su temi storici e di critica alla modernità, tentando forse un innesto più diretto nel dibattito culturale contemporaneo: La crìse du monde moderne è dello stesso anno, di due anni posteriori Autorité spirituelle et pouvoir temporel e Saint Bernard. Il Re del Mondo (ultima in Italia Adelphi, 1977, più volte ristampato) tanto per ciò che asserisce quanto per quello cui allude è conseguentemente quel testo che lascia più perplesso l'eventuale pubblico profano che voglia accostarsi all'opera di Guénon; eppure a oggi non possiamo che constatare come null'altro sull'argomento sia emerso di più incisivo e rivelatore. Ci si soffermerà in particolare sul capitolo secondo, che richiama in parte e completa quanto riportato dal nostro precedente René Guénon e i Templari, (HERA 110). Eccone l'incipit: «Il titolo di Re del Mondo, inteso nella sua accezione più elevata, più completa e insieme più rigorosa, viene attribuito propriamente a Manu, il Legislatore primordiale e universale il cui nome si ritrova, sotto forme diverse, presso numerosi popoli antichi; ricordiamo soltanto, a questo proposito, il "Mina" o "Menes" degli Egizi, il "Menw" dei Celti e il "Minosse" dei Greci. Tale nome, del resto, non indica un personaggio storico o più o meno leggendario. Esso designa, in realtà, un principio, l'Intelligenza cosmica che riflette la Luce spirituale pura e formula la Legge (Dharma) propria delle condizioni del nostro mondo o del nostro ciclo di esistenza; ed è, al tempo stesso, l'archetipo dell'uomo considerato specialmente in quanto essere pensante. D'altra parte, l'importante qui è far rilevare che tale principio può essere reso manifesto da un centro spirituale stabilito nel mondo terrestre, da un'organizzazione incaricata di conservare integralmente il deposito della tradizione sacra, di origine "non umana " per mezzo della quale la Sapienza primordiale si comunica attraverso le epoche a coloro che sono in grado di riceverla ». Considerata la fase storica di quegli anni già da questo stralcio si coglie l'intenzione di Guénon di proporre questioni decisamente rilevanti: - L'assurdità di un potere temporale autoreferenziale o pendente da un' autorità spirituale priva di un collegamento super-umano (iniziatico?) legittimo e regolare; - l'universalità in essenza dei precetti di popoli e culture eterogenee in rapporto a questo Ente Regolatore; - l'esistenza tuttora di questo sistema regolatore, sebbene se ne sia persa da tempo la nozione, almeno in occidente. In particolare riguardo a quest'ultimo aspetto, più avanti precisa: «Vi era, nel medioevo, un'espressione che riuniva in sé, in un modo che vale la pena di sottolineare, i due aspetti complementari dell'autorità: a quell'epoca, si parlava spesso di una contrada misteriosa chiamata "regno del prete Gianni". Era il tempo in cui quella che si potrebbe designare la "copertura esteriore" del centro in questione era costituita, in buona parte, dai Nestoriani e dai Sabei... proprio questi ultimi si attribuivano il nome di "Mendayyeh di Yahia", cioè "discepoli di Gianni". A questo proposito, possiamo fare subito un'altra osservazione: è per lo meno curioso che numerosi gruppi orientali a carattere molto chiuso, dagli Ismaeliti o discepoli del "Vecchio della Montagna" ai Drusi del Libano, abbiano assunto tutti, similmente agli ordini cavallereschi occidentali, il titolo di "guardiani della Terra Santa"». Con la nota che Guénon inserisce proprio in questo punto, il ragionamento si completa, e non sembra incidentale l'allusione a certi simboli che stavano per essere "attivati" nel vecchio continente: Nota 8: «In Asia centrale, e particolarmente nella regione del Turkestan, sono state trovate croci ne storiane molto simili nella forma alle croci della cavalleria; alcune di esse, inoltre, portano al centro la figura dello swastika. - D'altra parte, bisogna notare che i Nestoriani, le cui relazioni con il Lamaismo sembrano incontestabili, svolsero un'azione importante, benché piuttosto enigmatica, all'inizio dell 'Islam. I Sabei, dal canto loro, esercitarono una grande influenza sul mondo arabo al tempo dei Califfi di Bagdad; vi è chi sostiene che presso di loro si siano rifugiati, dopo un soggiorno in Persia, gli ultimi neoplatonici» .
Le radici di un capolavoro
Ma non è sulle implicazioni magiche dell'ascesa del nazismo germanico di cui vogliamoqui discutere, quanto di come vi siano ancora elementi o gruppi in grado di manovrare forze e simboli di potenza, i cui effetti sono fuori dalla portata di comprensione della massa; una certa Magia dell'Aria che opera oggi sfruttando il potere persuasivo amplificato dei media; un meccanismo sottile, perciò "magico", agente emotivamente sul subconscio individuale e collettivo che, manipolato opportunamente, costruisce leader e carismi, ed esteriorizza degenerato quell'influsso spirituale di cui ha trattato Guénon ne Le Roi du Monde. Un esempio tra i tanti, il singolare caso dell'ultimo discendente dei Savoia, che nella canzone presentata a Sanremo, come già da più esperti rilevato, nelle otto battute musicali finali del pezzo cita la melodia del brano "Over the rainbow", colonna sonora del celeberrimo film musical americano del 1939 II Mago di Oz ovverossia viene citato, in maniera allusiva e apparentemente casuale l'arcobaleno, uno dei più comuni simboli del potere pontificale, unito nel Re del Mondo a quello regale, sul quale Guénon così divaga nel capitolo considerato: «l'arcobaleno, il ponte celeste, è un simbolo naturale del pontificato; e tutte le tradizioni gli attribuiscono significati perfettamente concordanti: così, presso gli Ebrei, esso è il pegno dell'alleanza di Dio con il suo popolo; in Cina, è il segno dell'unione del Cielo con la Terra; in Grecia, rappresenta Iride, la messaggera degli Dèi; un po' dappertutto, presso gli Scandinavi, i Persiani, gli Arabi, in Africa centrale e anche presso certi popoli dell'America del Nord, è il ponte che collega il mondo sensibile a quello sovrasensibile». Cogliamo un'altra singolare analogia: al festival musicale si sono presentati in trio, e anche i protagonisti del Mago di Oz sono un trio: un leone pavido, un boscaiolo di latta e uno spaventapasseri! Lungi dall'idea che persone o cose abbiano avuto intenti meno che leciti, pur tuttavia rileviamo come certe analogie siano ben curiose, e a maggior ragione se pensassimo che dette allusioni vengano personificate qui proprio in un discendente della famiglia dei Savoia, essendo questa stata per secoli depositaria della reliquia cristiana più controversa e più famosa, ovvero la Sacra Sindone, acquisita nel XV secolo dalla famiglia francese di Charny, con antenati acclarati appartenenti all'Ordine dei Templari; e quale migliore rappresentazione in ambito cristiano del Re del Mondo inteso come Cristo-Re? La parte conclusiva del dodicesimo e ultimo capitolo è fondamentale per inquadrare l'ottica con la quale Guénon avrebbe deciso di intraprendere la stesura de Le Roi du Monde: «Nel periodo attuale del nostro ciclo terrestre, cioè nel Kali-Yuga, questa Terra Santa, difesa da guardiani che la nascondono agli sguardi profani garantendone tuttavia certe relazioni esterne, è di fatto invisibile, inaccessibile, ma soltanto per coloro che non possiedono le qualificazioni richieste per penetrarvi... per noi, i fatti geografici e quelli storici hanno un valore simbolico che non toglie nulla della loro realtà propria in quanto fatti, e anzi conferisce loro, oltre a questa realtà immediata, un significato superiore. Siamo ben lungi dal pretendere di aver detto tutto il possibile sull'argomento del presente studio, e gli accostamenti che abbiamo fatto potranno anche suggerirne molti altri; comunque, abbiamo detto molto più di quanto mai sia stato detto finora, e alcuni saranno forse tentati di rimproverarcelo. Ciononostante, non pensiamo che sia troppo, e siamo anzi persuasi che in tutto questo non vi sia niente che non debba essere detto, benché proprio noi meno di ogni altro siamo disposti a contestare che siano giustificate le questioni di opportunità quando si tratta di esporre pubblicamente cose di carattere un po' inusitato. Ci limiteremo qui a una breve osservazione: nelle circostanze in mezzo alle quali viviamo attualmente, gli avvenimenti si svolgono con una tale rapidità che molte cose le cui ragioni non appaiono nell'immediato potrebbero trovare, prima di quanto si creda, applicazioni molto impreviste, se non del tutto imprevedibili. Vogliamo astenerci da tutto ciò che, in qualche modo, possa somigliare a una "profezia"; teniamo a citare tuttavia, per concludere, una frase di Joseph de Maistre... che è ancor più vera oggi che un secolo fa: «Bisogna tenerci pronti per un avvenimento immenso nell'ordine divino, verso il quale procediamo a una velocità accelerata che deve colpire tutti gli osservatori. Temibili oracoli annunciano già che i tempi sono giunti"». Concludiamo l'argomento, a modo di appendice, con uno scritto del Maggio 1945 riferito a Benito Mussolini di Elsa Morante, che ben rappresenta la condizione dell'uomo di potere privo di legittimazioni superiori, e che per noi calza perfettamente sia per personaggi dell'una quanto dell'altra sponda ideologica: «Il capo del Governo si macchiò ripetutamente durante la sua carriera di delitti che, al cospetto di un popolo onesto, gli avrebbero meritato la condanna, la vergogna e la privazione di ogni autorità di governo. Perché il popolo tollerò e addirittura applaudì questi crimini? Una parte per insensibilità morale, una parte per astuzia, una parte per interesse e tornaconto personale. La maggioranza si rendeva naturalmente conto delle sue attività criminali, ma preferiva dare il suo voto al forte piuttosto che al giusto. Purtroppo il popolo italiano, se deve scegliere tra il dovere e il tornaconto, pur conoscendo quale sarebbe il suo dovere, sceglie sempre il tornaconto. Così un uomo mediocre, grossolano, di eloquenza volgare ma di facile effetto, è un perfetto esemplare dei suoi contemporanei... Ammiratore della forza... cattolico senza credere in Dio, presuntuoso, vanitoso, fintamente bonario, buon padre di famiglia ma con numerose amanti, si serve di coloro che disprezza, si circonda di disonesti, di bugiardi, di inetti, di profittatori; mimo abile, e tale da fare effetto su un pubblico volgare, ma, come ogni mimo, senza un proprio carattere, si immagina sempre di essere il personaggio che vuole rappresentare». (Elsa Morante, tratto da Pagine autobiografiche postume, in Paragone Letteratura, n. 456, febbraio 1988). •
Fonte: Sante Ferrulli (HERA n.126)
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