PECHINO (19 luglio) - Il porto di Dalian, nel nordest della Cina, è stato chiuso mentre le autorità cercano di contenere una macchia di petrolio che si è prodotta dopo l'esplosione di due oleodotti, venerdì scorso. Secondo l'agenzia Nuova Cina, la macchia si estende per «almeno 50 chilometri quadrati».
La PetroChina, una grande compagnia petrolifera cinese che gestisce due raffinerie nel porto di Dalian ha preparato un piano di emergenza nel caso che lo scalo resti chiuso per una settimana. «Speriamo che sia possibile riaprire il porto al più presto», ha dichiarato un portavoce della compagnia. La produzione delle due raffinerie, ha aggiunto, è stata tagliata di «molte migliaia di tonnellate».
Non ci sono state vittime mentre i danni agli impianti del porto «devono ancora essere determinati», secondo funzionari del governo locale citati da Nuova Cina. L'agenzia aggiunge che 500 pescherecci sui quali sono stati montati degli «skimmers» (apparecchiature per separare l'acqua dal petrolio) e che trasportano grandi quantità di solvente vengono impiegati nel tentativo di ripulire le acque del porto.
Un portavoce del governo ha sostenuto che «i pescherecci sono piccoli e facili da manovrare e possono ripulire rapidamente la macchia». Il petrolio si è riversato nel porto di Xingang dopo la due esplosioni, le cui cause non sono ancora state accertate.
Centinaia di pompieri hanno impiegato nel fine settimana scorso 15 ore per spegnere l'incendio provocato dalle esplosioni. Il vicedirettore dell'Ufficio per il mare e la pesca del governo di Dalian Luan Yuxuan ha dichiarato che finora sono state eliminate 280 tonnellate di petrolio ma ha aggiunto che ancora non si conosce la quantità di petrolio disperso nel mare.
Secondo l'esperto del settore petrolifero David Johnson il costo delle operazioni di ripulitura non dovrebbe superare i 50 milioni di dollari. «Non dovrebbe essere un costo eccessivo, si tratterà di decine e non di centinaia di dollari». «Il problema - ha aggiunto - è di chi era il petrolio e se era assicurato. La domanda ora è "Chi è responsabile?" Come nel caso della Bp (nel Golfo del Messico), di chi è la colpa?».
Fonte: Il Messaggero - 19 luglio 2010
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