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    Messaggio  Federico Mar Gen 18, 2011 5:02 pm

    Eventi insoliti, strabilianti avvistamenti e bizzarri ritrovamenti avvenuti in Tibet presentano una serie di fenomeni che, tracciati su una mappa, delineano "Il Triangolo di Shambhala".

    Viaggio nel Regno Sacro

    Viaggio nel Regno Sacro TibetHimalayas_g

    La popolazione che vive nei territori dell'Asia che 'sfiorano il cielo', appropriatamente definiti il Tetto del Mondo, è da secoli fortemente consapevole della realtà di Shambhala. La credenza relativa a un segreto Regno di Uomini Saggi attraversa le epoche e l'esistenza di Shambhala è ulteriormente corroborata da un'attestazione vecchia di un millennio, pervenutaci da una fonte russa e reperita nel 1893 in un manoscritto presso l'eremo di Vyshenski-Uspenski, nei dintorni di Shatsk, Provincia di Tambov. Intitolato "La Saga di Belovodye" (Belovodye è il termine russo corrispondente a Shambhala, ovvero Terra degli Dèi Viventi), il racconto apparve nell'edizione del 4 aprile 1949 di Novaya Zarya ("Nuova Alba"), quotidiano russo di San Francisco. Riporta il resoconto di un giovane monaco slavo, tale Sergius, il quale trascorse vari anni in un monastero sul Monte Athos, nella Grecia settentrionale, presso il Mare Egeo. Il cattivo stato di salute del padre lo costrinse a fare ritorno a Kiev e qualche tempo dopo il suo arrivo Sergius, allora quasi trentenne, ottenne udienza dal Principe Vladimir il Grande (956-1015). Aveva intenzione di Riferire al principe quello che aveva appreso nella biblioteca del monastero a proposito di una misteriosa "terra d'Oriente in cui regnavano virtù e giustizia" ("La Saga di Belovodye", Novaya Zarya, ibid.). Il principe rimase talmente affascinato dalla storia della leggendaria contrada che nel 987 nominò Sergius a capo di un consistente corpo di spedizione, che equipaggiò e inviò alla ricerca della meravigliosa terra asiatica. I consiglieri del principe stimarono che il viaggio di 6.000 miglia (9.660 chilometri) avrebbe richiesto complessivamente tre anni, tuttavia ne trascorsero parecchi senza che si avessero notizie della spedizione. A Kiev si ritenne che tutti i suoi componenti fossero periti; tuttavia, nel 1043 giunse in città un uomo il quale dichiarava di essere il monaco Sergius, inviato circa 56 anni prima dal Principe Vladimir il Grande alla ricerca della Valle degli Immortali. La sostanza del suo resoconto venne puntualmente annotata e preservata presso i mistici di un monastero russo; si tratta del documento reperito nel 1893. Padre Sergius riferì che al termine del secondo anno del loro arduo viaggio molti uomini e animali del corpo di spedizione erano morti, a causa delle condizioni climatiche estreme o dell'attacco di lupi e orsi. In un territorio desolato il gruppo si imbatté in una catasta di scheletri di esseri umani, cavalli, cammelli e asini, rimanendone talmente terrorizzato da rifiutarsi di procedere oltre. Solo due componenti della spedizione accettarono di proseguire assieme a Sergius, per poi essere lasciati in un villaggio alla fine del terzo anno, a causa delle loro pessime condizioni di salute. Lo stesso Padre Sergius aveva raggiunto il limite della sopportazione, tuttavia era determinato a completare il viaggio o perire. Dalle popolazioni delle varie regioni attraversate aveva colto voci indicanti che la favolosa contrada di Shambhala esisteva davvero e che egli procedeva nella giusta direzione. Assunse un'altra guida, la quale gli assicurò che lo avrebbe condotto vicino al Regno Sacro, che la popolazione locale chiamava "la Terra Proibita... la Terra degli Dèi Viventi e la Terra delle Meraviglie" ("La Saga di Belovodye", ibid.). Tre mesi più tardi, Padre Sergius raggiunse i confini di Shambhala. A un certo punto l'unica guida rimasta si rifiutò di procedere oltre, terrorizzata dagli invisibili guardiani delle montagne innevate. Sergius era ancora indifferente alla morte e assai fiducioso nell'esistenza della comunità di uomini santi che si era proposto di trova-

    Sei di costoro avrebbero fatto ritorno al mondo esterno provvisti di un sapere segreto, mentre uno sarebbe rimasto a vivere a Shambhala senza invecchiare, poiché il tempo del suo orologio genetico si sarebbe fermato.


    re; inoltre, era troppo esausto per tornare indietro. Dopo alcuni ulteriori giorni di cammino, all'improvviso venne avvicinato da due stranieri, i quali riuscivano a farsi intendere nonostante parlassero una lingua ignota. Quindi Sergius venne condotto a un villaggio dove, dopo essersi rimesso in forze, gli fu affidato il compito di collazionare manoscritti presso un ambiente di tipo monastico. In seguito venne trasferito in una caverna sotterranea, rischiarata da una peculiare luce che suscitò il suo stupore, che "illuminava ogni cosa, dissipando le tenebre e le ombre, cosicché tutto appariva uniforme e delicato" ("La Saga di Belovodye", ibid.). Poi venne trasferito in un luogo nelle vicinanze, dove fu accolto come un fratello. Col trascorrere dei mesi e degli anni, il monaco slavo acquisì grandi conoscenze di ordine spirituale; era fortemente appagato per aver infine trovato individui tolleranti, compassionevoli, onniveggenti e saggi i quali lavoravano per il bene dell'umanità. Apprese che, invisibilmente, costoro osservavano tutto quel che accadeva nel mondo esterno, allarmati dalle forze del male in crescita sulla Terra. Padre Sergius apprese inoltre che numerosi individui di vari paesi avevano tentato, senza successo, di accedere a questo territorio. Gli abitanti osservavano una rigida legge in virtù della quale solo sette persone ogni secolo avevano facoltà di far visita alla loro dimora. Sei di costoro avrebbero fatto ritorno al mondo esterno provvisti di un sapere segreto, mentre uno sarebbe rimasto a vivere a Shambhala senza invecchiare, poiché il tempo del suo orologio genetico si sarebbe fermato. Prima di tornare a Kiev, Padre Sergius trascorse i suoi ultimi anni insegnando la saggezza in una rete di caverne, successivamente elaborata nel Monastero delle Caverne. Sembra che i sei individui, come Sergius, diventino collaboratori esterni di Shambhala, costituendo una ristretta cerchia esterna di depositari della saggezza. Uno di costoro, "tale Brahma Jyoti di Delhi, collaboratore associato dei Mahatma, [era] rimasto in costante contatto con i super-esseri himalayani, i quali gestiscono il mondo con la forza del pensiero" (Anne Marshall, Hunting the Guru in India, Victor Gollancz Ltd, Londra, 1963). Si dice inoltre che "nel corso dei secoli, saggi tibetani [provenienti dalla Valle degli Immortali?] in numero limitato siano stati i fautori della costituzione delle Scuole Misteriche Bianche in Oriente e Occidente" (Albert Mackey, MD, A Concise History of Freemasonry, McClure Publishing, Philadelphia, ed. del 1917, alla voce "Origins"). Anime illuminate provenienti da Shambhala sono considerate "apostoli della Valle degli Immortali", in quanto tali "messaggeri sono direttamente guidati dai Mahatma e destinati a una certa parte del mondo in una determinata epoca storica" (Sergy C. Tatyana, Crimson Snow-heaps in the Himalayas, Lvovich Publishing, Mosca, 1925, traduzione a cura di Larissa M. Vasiler, p. 97). Secondo la tradizione tibetana, un tempo esistevano consistenti documenti relativi a Shambhala e ai suoi abitanti. Venivano pubblicati in numerosi volumi della Yung- Lo-ta-tien, la più corposa enciclopedia del mondo, che preservava una mole di remote conoscenze, fra cui una raccolta di antichi avvistamenti di yeti (in tibetano yeti significa "creatura magica"). Questo straordinario tomo, compilato nel quindicesimo secolo, era costituito da 50 milioni di caratteri cinesi scritti a mano, fascicolati in 11.095 volumi. Un tempo conservato presso lo Yuan Ming Yuan, il Vecchio Palazzo d'Estate di Pechino, andò perso quasi del tutto quando il palazzo venne parzialmente distrutto dalle forze britanniche e francesi nel 1860, durante la Seconda Guerra dell'Oppio. Attualmente ne rimangono solo 370 volumi, disseminati nelle biblioteche di tutto il mondo. Allorquando si consideri quanto è andato perso del retaggio culturale delle antiche civiltà, non dovremmo aver difficoltà a contemplare l'eventualità di precedenti "elevate" civiltà di cui si sa ben poco, una delle quali è Shambhala.

    Viaggio nel Regno Sacro Lastofatlantis
    Cripte sotterranee in Himalaya

    Con riferimento a Shambhala, in Asia si narrano con persistenza leggende relative a tesori, raffinati manufatti e biblioteche sotterranee nascoste, descritte come segreti depositi di antichi saperi. Precedenti civiltà hanno ritenuto opportuno preservare parte delle scienze e delle arti allora in procinto di scomparire a causa di catastrofi naturali o guerre, oppure in virtù di altre ragioni ultraterrene o imperscrutabili. Secondo la tradizione tibetana, "capsule temporali" e pregiati volumi rilegati in seta sono celati nei recessi più reconditi del "divino" Kangchenjunga, la terza vetta più elevata della catena himalayana. Nicholas Roerich apprese che un portale di pietra conduce a quelli che egli definiva "i Cinque Tesori Sacri della Grande Neve", mentre le sue guide gli sconsigliarono di tentare di accedere alle camere, "poiché ogni cosa divulgata prima della data stabilita produce inaudito danno" (N. K. Roerich, Himalayas - Abode ofLight, Nalanda Publications, Bombay, 1947). Presso i Monti Aitai, Roerich apprese inoltre che le colline pedemontane himalayane nascondevano accessi che conducevano a camere situate in profondità, dove dalla notte dei tempi erano stati depositati misteriosi manufatti ed esotici tesori. Roerich venne inoltre informato di un deposito sotterraneo segreto sul Passo Karakorum, a un'altitudine di 6.000 metri. La sua guida principale lo ragguagliò sul fatto che sotto tale dorsale himalayana innevata erano custoditi grandi tesori, sottolineando che anche i popolani più umili sono a conoscenza delle vaste caverne che ospitano antichi manufatti; quindi chiese a Roerich se egli fosse a sua volta a conoscenza di libri, nel mondo esterno, che riportano la posizione di questi sotterranei a volta. La saggia e vecchia guida aveva trascorso anni nelle montagne e chiedeva a Roerich come mai gli stranieri, che sostengono di essere così eruditi, non riuscivano a scovare gli evidenti accessi ai palazzi sotterranei del Passo Karakorum. Durante i 12 anni trascorsi verso la metà del diciannovesimo secolo nel Tibet settentrionale, l'esploratore cinese Jia Chun-Pingwa ebbe modo di conferire con monaci buddisti, i quali asserivano che in una zona nascosta della catena montuosa dell'Altyn Tagh esiste una vasta rete di gallerie e musei sotterranei che ospitano una collezione di svariati milioni di sbalorditivi manufatti, custoditi da guardiani sempre all'erta. Nel suo saggio, Jia scrisse di un museo sotterraneo che ospita eterogenei objets d'art raffiguranti l'evoluzione dell'umanità sul pianeta nel corso di migliaia di anni (Jia Chung-Pingwa, The Land of No Grass and No Water, The Great Liberation Publishing House, Lhasa, Tibet, 1917; brani tradotti per Tony Bushby da Wendy Shin Liu, Jiangwan Town, Shanghai, Cina, 2009). Jia ha descritto la posizione dell'entrata a questa specifica serie di camere, alla sinistra di una profonda gola contenente un piccolo gruppo di modeste case, che contrassegna il sito di quello che potrebbe rivelarsi il più grande museo al mondo. Jia non è stato l'unico ad aver descritto la collezione in questione. "Si trova al riparo da intrusioni e nulla turberà le antiche opere ivi raccolte ... gli accessi sono nascosti e i sotterranei a volta contenenti manoscritti e manufatti si trovano in profondità nelle viscere della terra" (Fundamental Promises, manoscritto buddista cinese, 1820 ca., autore ignoto; traduzione a cura di Ti-Tzang, 1911, pp.78-91, passim-, originariamente custodito presso la Library of Tibetan Works and Archives, Dharamsala, India). "Un abitante del luogo ha detto che presso il nostro bazar la popolazione dell'area arrivava con denaro antico e strano, e nessuno riusciva a rammentare quando tale moneta fosse in corso in questa zona" (Sergy C. Tatyana, Crimson Snow-heaps in the Himalayas, op. cit., p. 231). Lo scrittore Andy Thomas era dell'opinione che "tutti questi luoghi segreti sono connessi al mistero di Shambhala" (A. Thomas, Shambhala: Oasis ofLight, Sphere Books, Londra, 1977, p. 53). Madame Helena Petrovna Blavatsky (1831-1891), la viaggiatrice e mistica russa che nel 1875 fondò la Società Teosofica, alluse all'esistenza di Shambhala, diffondendone la notizia a beneficio degli appassionati occidentali dell'occulto; dichiarò che i saggi dell'Est si trovano nella posizione di divulgare al mondo antichi documenti che ribalteranno le opinioni degli storici. In India settentrionale la mistica vide una serie di ricettacoli segreti e scrisse che gli yogi iniziati sono a conoscenza di una vasta rete di biblioteche sotterranee che si estende da templi rupestri attraverso il Tibet settentrionale. Gli Archivi Vaticani custodiscono rari rapporti stilati da

    ...la mistica vide una serie di ricettacoli segreti e scrisse che gli yogi iniziati sono a conoscenza di una vasta rete di biblioteche sotterranee che si estende da templi rupestri attraverso il Tibet settentrionale.

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    missionari agli inizi del diciannovesimo secolo, i quali riferiscono che, in tempi di crisi, i leader di vari paesi inviavano delegazioni in Himalaya per chiedere consiglio ai "Genii delle Montagne" (Catholic Encyclopedia, Edizione Pecci,vol. ii, p. 299). Tuttavia, tali documenti non rivelano il luogo di destinazione dei rappresentanti inviati. Un manoscritto privo di data, redatto da Monsignor Delaplace all'incirca 120 anni or sono, corrobora la credenza dei saggi dell'Asia Centrale secondo cui individui provvisti di speciali conoscenze vivono in aree himalayane inaccessibili ed esclusive (Annales de la Propagation de la Foi, traduzione a cura di Pierre L. Josselin, 1929; brano citato in A. Thomas, Shambhala, op. cit., p. 28). L'epopea tibetana di Ghessar Khan preconizzava l'apertura di determinati archivi nascosti nel momento in cui "navi d'acciaio si libreranno nel cielo", mentre Madame Blavatsky reputava che alcuni manoscritti nascosti sarebbero stati intenzionalmente e ingegnosamente divulgati in "un futuro spiritualmente più ricco" (The Theosophist, luglio 1912). In Tibet è forte la convinzione relativa all'esistenza di un popolo sotterraneo illuminato, i cui componenti sono stati visti saltuariamente con torce nell'oscurità. Roerich parlò di "un uomo di imponente aspetto che arrivò in Tibet dalla Siberia con i suoi carovanieri e dichiarò con orgoglio, Vi dimostrerò che i racconti sul popolo sotterraneo non sono una fantasticheria. Vi condurrò agli ingressi dei loro regni sotterranei'" (N. K. Roerich, Flame in Chalice, Nicholas Roerich Museum, New York, 1929). I libri di Roerich non riportano se costui tenne o meno fede a tale impegno. In tutta l'Asia, in tutti i deserti, dagli oceani agli Urali, esistono mirabili tradizioni concernenti individui santi che vivono in misteriose città sotterranee. Sebbene numerose pagine della storia della vita umana sul pianeta siano state strappate dalla mano del tempo, tali antiche tradizioni attestano la realtà di segreti tesori e depositi di straordinari scritti raccolti in luoghi appartati, i quali documentano il sapere da tempo immemorabile.

    La Piramide Bianca e il Triangolo di Shambhala

    In un allegato dello straordinario libro tibetano del diciottesimo secolo Road to Shambhala (scritto dal terzo Panchen Lama [1738-1780], traduzione a cura di Cheng Yuan, 1901), si fanno interessanti riferimenti a una razza umanoide alata che un tempo viveva in Tibet e in seguito "distrusse sé stessa". Il medesimo documento riporta riporta peraltro l'esistenza di numerose strutture piramidali, ignote all'Occidente, situate in varie località del Tetto del Mondo. Alcuni edifici sono definiti "favolosi", e versioni "multicolori" vennero collocate fra dozzine di altre piramidi (ibid.). L'esistenza di gruppi di piramidi in Himalaya è stata confermata in tempi più recenti; il primo rapporto disponibile è quello del commerciante statunitense Fred Meyer Schroder, il quale nel 1912 si imbatté casualmente in una gigantesca piramide attorniata da altre strutture di minori dimensioni; sorpreso, Schroder chiese al monaco buddista che gli faceva da guida cosa esse rappresentassero, venendo quindi informato che documenti lamaisti vecchi di 5-000 anni non solo contengono informazioni sulla finalità di tali piramidi, ma rivelano che esse erano assai antiche già all'epoca della stesura dei documenti stessi. Se la datazione venisse confermata, le piramidi himalayane sarebbero più antiche delle piramidi di Giza, almeno secondo la datazione comunemente accettata. Circa 33 anni più tardi venne avvistata un'altra notevole piramide, che pare abbia suscitato l'imbarazzo degli studiosi. Nell'estate del 1945 il pilota dell'Aeronautica Militare statunitense James Gaussman si trovava ai comandi di un aereo in viaggio dalla Cina all'India attraverso il Tibet, allorquando si vide costretto a ridurre l'altitudine a causa di un malfunzionamento del motore. A quanto risulta egli riferì: Volai attorno a una montagna e quindi arrivammo a una vallata. Proprio sotto di noi si stagliava una gigantesca piramide bianca. Sembrava sbucata da una fiaba, ammantata su tutti i lati di un colore bianco scintillante, forse metallo o un qualche genere di pietra. La sua caratteristica più curiosa era la cuspide; un grande blocco di materiale simile a una gemma. Le colossali dimensioni della struttura mi scossero nel profondo. (Hartwig Hausdorf, Die Weisse Pyramide, ["La Piramide Bianca"], ripubblicato in inglese con il titolo The Chinese Roswell, New Paradigm Books, Florida, 1998, p. 112) A parere di Gaussman la piramide superava in altezza i 300 metri, oltre il doppio della Piramide di Giza. Le fotografie di Gaussman non sono mai state pubblicate, tuttavia nel 1990 ai media venne presentata la foto in bianco e nero di una piramide di terra nei pressi di Xian, capitale della Provincia cinese di Shaanxi, come se fosse la "gigantesca piramide bianca" presumibilmente fotografata da Gaussman 45 anni prima. Ad ogni modo, la rotta di volo di quest'ultimo si trovava a circa 800 chilometri a nordovest rispetto alla foro della piramide pubblicata, e si sospetta che questa specifica immagine sia stata divulgata dalle autorità cinesi allo scopo di mantenere nascosta al mondo occidentale l'esistenza della Piramide Bianca. Nel 1947, due anni dopo l'avvistamento di Gaussman, un altro aviatore statunitense, tale Maurice Sheahan, mentre sorvolava la Provincia di Shaanxi diretto a sud-ovest scorse anch'egli una gigantesca piramide bianca. Vari quotidiani statunitensi, fra cui il New York Times (28 marzo 1947), pubblicarono resoconti del suo avvistamento. In Himalayas — Abode of Light, Roerich parlava di "tre posti di frontiera di Shambhala", a indicare un'area di forma triangolare che delimita i confini di questo misterioso regno. La posizione di tali segnali di demarcazione è ignota, ma se si crea un triangolo secondo gli stessi angoli della Grande Piramide di Giza in Egitto (51 gradi e 51 minuti), iniziando a circa 50 gradi di latitudine nord ausando 88 gradi di longitudine come confine (base) occidentale, il triangolo interseca la rotta del volo di Gaussman del 1945 vicino a dove egli avvistò la gigantesca piramide bianca. Utilizzando la continuazione verso sud-ovest di suddetta rotta, il "posto di frontiera" meridionale viene determinato alla sua intersezione con 88 gradi di longitudine. Si sa che all'interno di questo isolato triangolo si sono verificati eventi sbalorditivi - il più affascinante dei quali probabilmente è la cosiddetta "Roswell tibetana".

    Viaggio nel Regno Sacro Roerichtesoro

    La "Roswell tibetana"

    Durante la prima settimana di gennaio del 1938, una spedizione scientifica capitanata dall'archeologo cinese Chi Pu Tei si addentrò in profondità nelle regioni montuose di Baian-Kara-Ula, nei pressi del luogo in cui i fiumi Yangtze e Mekong iniziano il loro lungo sinuoso corso verso sud. In quella zona gli esploratori scoprirono una rete di caverne ospitanti tombe allineate in file parallele, indisturbate da millenni. I sepolcri erano privi di lapidi o epitaffi, tuttavia sulle pareti della caverna vi erano pitture che ritraevano figure dalla testa allungata nonché rappresentazioni di pianeti. Gli archeologi scavarono nelle tombe e reperirono scheletri dotati di crani di grandezza anomala ed esili strutture corporee alte meno di un metro e venti. Sul terreno della caverna, semi-sepolto nella polvere, trovarono il primo di 716 bizzarri dischi di pietra, ciascuno dotato di un foro al centro e simile a un disco da grammofono. Su ogni disco erano incise scanalature disposte a spirale verso il perimetro, poi rivelatesi costituite da fitti caratteri scritti che recavano un messaggio. In seguito, nel 1962, quattro scienziati, sotto la direzione del professore giapponese Tsum Um Nui in forza all'Accademia della Preistoria di Pechino, annunciarono di avere infine decodificato i dischi, rivelando che tali oggetti narravano lo schianto di un'astronave aliena, avvenuto all'incirca 12.000 anni fa. A quanto pare l'equipaggio sopravvisse, quantunque il velivolo fosse troppo danneggiato per poter riprendere il volo. Dopo aver incontrato numerose difficoltà nel rendere pubblici gli spettacolari esiti del suo lavoro, il Professor Tsum Um Nui rassegnò le dimissioni e fece ritorno in Giappone. Ad ogni modo, la comunità scientifica dell'Unione Sovietica non scartò il suo rapporto, laddove i risultati di ulteriori analisi con oscillografo corroborarono le drammatiche scoperte del Professor Tsum Um Nui. La caverna di cristallo dei Naga Un passaggio presente nelle pagine iniziali del Mahabharata asserisce che tale epopea fu scritta "in una splendida valle ai piedi del Monte Meru". Si dice che la valle corrisponda a Shambhala. Sarebbe legittimo trarre la conclusione che l'epopea più lunga nel panorama mondiale venne originariamente vergata nelle sale di scrittura degli Immortali, per poi divenire il fondamento di salienti tradizioni culturali orientali. Secondo la tradizione Siddharta Gautama (il Budda) e il fondatore del taoismo Lao Tzu (600 a.C. ca.) visitarono entrambi la Valle degli Immortali. I sacerdoti Bon del Tibet riconoscono di aver ricevuto la loro dottrina dalla medesima corrente filosofica (rivista Baikal, [URSS], nr. 3, 1969). La dottrina Bon, la più antica tradizione spirituale del Tibet, si sviluppò a partire da un manoscritto che i sacerdoti definivano "La Prima Scrittura...il Vero Insegnamento...la tradizione è di Eterna Saggezza...che giunse dagli 'Immortali di Shambhala'" (L. C. Hamamoto, The Soul Dottrine, Lhasa, traduzione a cura di C. Chan, 1916, pp. 97-99, passim). Anche un altro antico libro tibetano ebbe origine in Himalaya. Bardo Thodol in lingua tibetana, in Occidente è noto come II Libro Tibetano dei Morti e viene letto ad alta voce alle persone in punto di morte per aiutarle a ottenere la liberazione dell'anima dopo il trapasso. Secondo la tradizione, questo straordinario scritto ebbe origine presso una razza denominata Naga, di cui otto membri erano associati agli incontri con il Re di Shambhala, in base a quanto indicano documenti lamaisti. Nella cultura tibetana i Naga sono rinomati per la loro profonda saggezza e la loro esistenza è saldamente radicata nell'antica tradizione dell'India settentrionale. Si. sa che i Naga hanno volti umani assai avvenenti, fattezze corporee serpentine nonché la capacità di volare quando emergono dal Parala, gli Inferi. Si dice che il Principe Arjuna, discepolo del Signore Krishna, abbia fatto visita ai Naga e conversato con loro. Secondo la tradizione essi vivono nel Palazzo dei Serpenti, in favolose dimore illuminate da cristalli e pietre preziose. Roerich intitolò uno dei suoi dipinti II Lago dei Naga (1932), mentre un altro mostra un Naga seduto su un'isola in un lago del Tibet settentrionale, a est dei Monti Aitai; questo colloca i Naga entro il Triangolo di Shambhala. Alcuni antichi autori sostengono che i Naga (maschi) e le Nagini (femmine) in origine "contraevano matrimoni misti con esseri umani, per lo più grandi re, regine e saggi, oppure umani di grande spiritualità (Giamblico, Dei Misteri egiziani, caldei, assiri, quarto secolo; riferimenti anche in Passport to Shambhala, West Siberia Geographical Society, 1923, traduzione inglese a cura del Professor Vladimir Andrei Vasiliu, 1933, p. 174). Si dice inoltre che alcuni individui selezionati godevano del privilegio di addentrarsi nelle vaste caverne dei Naga, collegate da tunnel come un formicaio, che si estendevano per centinaia di chilometri all'interno delle catene montuose lungo l'India settentrionale e molto addentro il Tibet settentrionale. I dipinti di Roerich si contano a centinaia e alcuni riguardano località di Russia, Mongolia, Egitto e altrove. Nel modo in cui egli tratteggia le prospettive e le atmosfere aleggia un che di misterioso, quasi a indicare altre dimensioni e ordini alieni dell'essere, o quantomeno portali o vie di accesso a tali ambiti. Le fantastiche pietre incise in isolati territori montani; Lao Tzu sul dorso di un bufalo indiano che si dirige a occidente lungo un viale di alberi arcuati; un massiccio libro spesso circa due metri, aperto, con una persona in piedi su un ceppo di legno che ne scruta dall'alto le pagine; un teschio umano di enormi dimensioni; la sottile rappresentazione di piramidi sullo sfondo di numerosi quadri - tutto questo suggerisce che Roerich stesse rivelando oscure informazioni in cifrari dipinti. Forse Roerich teneva fede al "Giuramento di Shambhala", il patto che proibiva ai visitatori di rivelare in modo esplicito quel che avevano visto o appreso durante la permanenza nella Valle degli Immortali (Passport to Shambhala, op. cit., p. 189). Alieno morto trovato ancora in vita! John Spencer, trafficante statunitense di armi e di droga residente in Cina negli anni seguenti alla prima Guerra Mondiale, si ritrovò senza volerlo in un monastero lamaista di Tuerin, Mongolia sud-occidentale. Sfinito dalla stanchezza mentre fuggiva dalle autorità lungo un sentiero di montagna in Cina, fu trovato da due monaci che lo condussero al loro monastero affinché si rimettesse in forze. Nel medesimo periodo ospite dei monaci era anche un altro cittadino statunitense in visita, tale William Thompson, uno studioso che si stava documentando sulle credenze religiose dell'Estremo Oriente presso la biblioteca del monastero. Alcuni giorni più tardi John Spencer, ormai quasi ristabilitosi, stava esplorando le aree esterne al monastero allorquando si imbatté in una serie di gradini consunti dal tempo che conducevano a una piccola porta in metallo. La apri ed entrò in una spaziosa sala a dodici lati, dai colori vivaci. Le pareti erano decorate con disegni di costellazioni, corpi celesti e segni zodiacali. Meravigliato, Spencer passò la mano sulla superficie di una parete e, inaspettatamente, un pannello adiacente si aprì silenziosamente verso l'interno, rivelando un tunnel più oltre; egli notò una pallida luce verde in lontananza, quindi avanzò nell'oscurità. Trascorsi vari minuti, Spencer raggiunse il termine del tunnel e sbucò in una vasta caverna, rilucente di una misteriosa luce verde. Lungo una parete erano allineate ordinatamente 30 bare, affiancate in una lunga fila. Pensando che forse contenevano gioielli o altro materiale prezioso, Spencer iniziò ad aprirle, trovando nelle prime tre i cadaveri di monaci che indossavano un abito simile a quello dei monaci che gli avevano prestato soccorso. Come riportato da Hartwig Hausdorf: "Nella quarta giaceva una donna vestita con abiti maschili, nella quinta un uomo che egli immaginò provenisse dall'India e che indossava una giacca di seta rossa ... nella terzultima giaceva il corpo di un maschio, perfettamente conservato e vestito di lino bianco; nella penultima giaceva il corpo di una femmina, della quale Spencer non riusci a stabilire l'origine etnica." (Die Weisse Pyramide, ripubblicato con il titolo The Chinese RosweLL, op. cit., p. 61, passini) Aspetto degno di nota, i cadaveri non manifestavano alcun segno di decomposizione, laddove Spencer valutò che le bare si trovassero in loco da lungo tempo. Non avendo trovato alcun tesoro, infine Spencer raggiunse l'ultima bara e ne sollevò il coperchio. Con stupore, osservò una piccola creatura abbigliata con un luccicante abito argenteo. La grossa testa era anch'essa argentea, con enormi palpebre chiuse, priva di bocca e con un corto mozzicone di naso. Quando si curvò per toccare il cadavere, gli enormi occhi a forma di opale si aprirono all'improvviso e lo fissarono, emettendo una penetrante luce verde che accecò l'aspirante tombarolo. Spencer, impietrito, chiuse con forza il coperchio e si precipitò via dalla caverna, strappandosi i vestiti contro le rocce sporgenti dalle pareti nella foga della corsa. Una volta sistematosi rientrò al monastero, dove un lama di rango elevato gli riferì che la creatura da lui vista era l'effigie di "un grande maestro giunto dalle stelle" (ibid.). Il lama cercò di convincerlo di aver solo immaginato che quella creatura fosse viva, ma Spencer non dubitò mai della realtà del suo bizzarro incontro. Sgomento, riferì la sua esperienza a Thompson il quale in seguito, qualche tempo dopo aver fatto ritorno negli Stati Uniti, pubblicò un resoconto dettagliato della vicenda sul periodico statunitense Adventure. Alcuni giorni dopo Spencer lasciò il monastero e scomparve senza lasciare traccia. Non se ne è più saputo alcunché.

    Scienziati russi contemplano un sistema solare etereo

    Nel 1928 una guida barbuta disse a Roerich che "nel Tibet sotterraneo sono sepolti grandi tesori di Saggezza; quando verranno divulgati, numerosi antichissimi manufatti scientifici sbalordiranno il mondo" (N. K. Roerich, Flame in Chalice, op. cit.). Nel 1870, alcuni studiosi di una delegazione scientifica russa potrebbero aver visto uno di questi manufatti preservati da un'epoca precedente. In una lamaseria tibetana nei pressi della Montagna Sacra di Belukha, il gruppo venne presentato a un venerando lama, assai erudito in astronomia e fisica, il quale scelse due membri della delegazione esperti di pianeti e li istruì nelle tecniche di concentrazione concentrazione, consigliandoli peraltro di adottare una dieta vegetariana. Alcuni giorni più tardi li invitò nella sua cella, dove fece loro vedere uno strano apparato metallico. Il misterioso congegno era collocato sul pavimento ed emetteva un bizzarro suono soffocato. Dal macchinario si produsse all'esterno una confusa formazione, che si espanse sino a configurarsi in una replica in miniatura in movimento del nostro sistema solare, con la Terra, Venere, Mercurio e gli altri pianeti che orbitavano lentamente attorno al Sole. All'interno di questo etereo sistema solare gli scienziati notarono una presenza anomala: un decimo pianeta che seguiva la propria orbita oltre quella di Plutone. Il lama si rifiutò di rispondere a domande inerenti a natura e origine del macchinario pre-olografico raffigurante il sistema solare, tuttavia diede a intendere che era stato "tirato fuori a scopo dimostrativo" (Terzo Panchen Lama, Roadto Shambhala, op. cit.).

    I laboratori di Shambhaia

    La nozione di un'antica comunità soprannaturale, denominata in tempi remoti "gli Sviluppatori dell'Umanità", che vive in valli isolate nelle regioni montuose del Tibet settentrionale, apparirà senza dubbio troppo fantastica per essere accettata dalla razionale mentalità accademica occidentale. Nondimeno, una disamina dei riscontri storici, accumulatisi nel corso dei secoli e provenienti da paesi ragguardevolmente distanti, sta a dimostrare un'essenziale similarità dei corrispondenti rapporti di cronaca. Dal macchinario si produsse all'esterno una confusa formazione, che si espanse sino a configurarsi in una replica iri miniatura in movimento del nostro sistema solare. Le cronistorie lamaiste raccontano di una "cultura dei Saggi, i quali nel corso di lunghi periodi hanno elaborato una civiltà e una scienza proprie nel protettivo isolamento delle innevate catene montuose dell'Asia Settentrionale (Passportto Shambhala, op. cit., Lettera 6, p. 11). II Dr. George Roerich, figlio maggiore del Professor Nicholas Roerich e della moglie Helena, ha esaminato la fondatezza della tradizione di Shambhala: Shambhala è considerata non solo la dimora del sapere buddista nascosto, è il principio guida del Kalpa imminente, ovvero Era Cosmica [l'Era di Shambhala?]. Si dice che eruditi abati e lama in meditazione siano in costante comunicazione con questa mistica fratellanza che guida i destini del mondo. Un osservatore occidentale tende a sminuire l'importanza di questo nome o a relegare la vasta letteratura e ancor più vasta tradizione orale inerenti a Shambhala nella categoria del folklore o della mitologia; tuttavia, coloro che hanno studiato il Buddismo letterario e popolare conoscono la tremenda forza che questo nome possiede presso le masse di buddisti dell'Asia Superiore. (G. N. Roerich, Trails to inmost Asia, Yale University Press, New Haven, 1931) Quando si aggregano tutte le informazioni frammentarie su Shambhala, emerge un nitido quadro che delinea l'esistenza di una dimora di esseri superiori per i quali spazio e tempo non costituiscono ostacoli. Vi sono a disposizione rapporti del tutto convincenti, che documentano viaggi presso questo luogo straordinario e vanno ad aggiungersi alla nostra conoscenza della realtà della Valle degli Immortali. Ad esempio, il viaggio di Apollonio, compiuto nel primo secolo, è ben documentato (come abbiamo visto nella prima parte), così come, nei primi anni Venti, il pellegrinaggio a Shambhala di un chirurgo cinese e dello yogi nepalese che gli faceva da guida: Non molto tempo addietro è stato pubblicato su Shanghai Times, e in seguito su molti altri quotidiani, un lungo articolo in cui il Dr. Lao-Tsin descriveva il suo viaggio alla Valle di Shambhala. In un vivace resoconto, il Dr. Lao-Tsin racconta numerosi particolari del d i f f i c i l e viaggio, in compagnia di uno yogi nepalese, attraverso deserti della Mongolia e aspri territori montuosi, sino alla Valle in cui ha trovato la dimora di numerosi yogi che studiavano la Saggezza Superiore. La sua descrizione dei laboratori e della celebre torre è sorprendentemente simile alle descrizioni di quei fantastici luoghi ricavate da altre fonti. Lo studioso ha descritto numerose meraviglie scientifiche e complessi esperimenti di telepatia e forza della volontà, condotti su distanze assai ragguardevoli. (N. K. Roerich, Heart of Asia, Roerich Museum Press, New York, 1929; brano citato in A. Thomas, Shambhala, op. cit., p. 41) Nel diciannovesimo secolo anche altri due uomini raggiunsero il luogo dell'utopia e vi si fermarono temporaneamente. Al loro ritorno riferirono meraviglie in merito alla misteriosa colonia, ma citarono anche "altri prodigi di cui non era loro permesso parlare" (N. K. Roerich, Heart ofAsia, op. cit.). Tale inafferrabilità è alla base della difficoltà di scoprire tutta la verità su Shambhala e viene ulteriormente aggravata dalla riluttanza dei saggi lamaisti a discutere sul mistero che rappresenta una delle tradizioni più sacre del Buddismo esoterico. Secondo alcuni rapporti, coloro che si sono recati a Shambhala avrebbero potuto raccontare di più sui traguardi raggiunti dagli abitanti, se non fosse per il Giuramento di Shambhala loro richiesto di prestare. Ad ogni modo, in base ad alcuni accenni di Roerich, sembra che egli e suo figlio George si siano entrambi recati a Shambhala e quello che il primo riferisce ci rammenta un commento espresso dal Mahatma Morya (citato nella prima parte del presente articolo). Morya definiva Shambhala la Città della Scienza e in relazione al suo commento è interessante notare che una tradizione esoterica dell'Est parla della collisione di Kamaduro, un fuoco sotterraneo, con il Fuoco Cosmico, in grado di determinare devastanti cataclismi geologici qualora i due non risultino bilanciati. I Roerich asseriscono di aver visto strumenti per la misurazione della pressione di questi fuochi "in uno dei laboratori di Shambhala" (N. K. Roerich, Heart ofAsia, op. cit.\ brano citato in A. Thomas, Shambhala, op. cit., p. 51).

    Conclusione

    Attraversando gli immensi territori dell'Asia Centrale, numerosi giramondo hanno preservato le proprie impressioni riguardanti Shambhala, dimora raggiunta da degni ricercatori della Verità, individui avulsi da motivazioni egoistiche. Le tradizioni del Tibet rivelano che a Shambhala è possibile udire nell'aria musica suonata da strumenti invisibili, nonché sorseggiare l'elisir della giovinezza presso la Fontana della Vita Eterna. La Torre di Giada reca dee danzanti scolpite sulle mura esterne, mentre il complesso del palazzo del re ha finestre intelaiate con lapislazzuli e il tetto ricoperto di oro Jambu. Moderni esploratori quali Hausdorf, Prjevalsky, Ossendowsky, David-Néel, Thomas e i Roerich hanno descritto la diffusa tradizione di Shambhala e la sua cultura cosmica, conosciute durante gli anni trascorsi in Asia. La tesi di un'esotica comunità nascosta, formata da esseri perfetti che guidano l'evoluzione dell'umanità, non appartiene al regno della speculazione e potrebbe dimostrarsi vera se il Governante di Shambhala si manifesterà per distruggere le "Orde delle Tenebre" e annunciare la preconizzata "Era di Shambhala" (Dr. G. N. Roerich, Trails to inmost Asia, op. cit.). Forse dovremmo prendere in considerazione l'eventualità che gli illuminati abitanti di Shambhala, per conto del Governo Divino, stiano comunicando con noi per via telepatica tramite i nostri sogni, le nostre intuizioni e i nostri sensitivi, fornendoci una guida interiore per le decisioni e le scelte che ci spettano in questa epoca cruciale.

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    Messaggio  Alex Dom Mar 20, 2011 11:58 am

    Esiste un solo aggettivo per descrivere cosa di pova nel leggere questa documentazione...meraviglioso!

      La data/ora di oggi è Gio Nov 21, 2024 8:40 pm