In Ucraina, 18.000 chilometri quadrati di suoli agricoli sono stati contaminati in seguito al disastro di Cernobyl e lo stesso si stima per il 40% dei boschi del Paese, per un totale di 35.000 chilometri quadrati. Questo documentario, commissionato da Greenpeace e girato lo scorso marzo, raccoglie le testimonianze degli abitanti di queste aree che, dopo il disastro, hanno continuato a mangiare la frutta e la verdura da sempre coltivate nei loro villaggi, costretti dalle condizioni di povertà.
Fonte: www.greenpeace.org
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26 aprile 1986-26 aprile 2011. Ricorre domani il venticinquesimo anniversario del disastro nucleare di Chernobyl, un incidente che sconvolse per sempre l’Ucraina e il mondo. L’esplosione del reattore 4 della centrale procurò delle vittime nell’immediato, con conseguenze fatali per la popolazione, la flora e la fauna a breve, a medio ed a lungo termine. Ancora oggi si contano i danni, a distanza di decenni. Il rischio di tumore alla tiroide per i bambini delle vaste aree raggiunte dalla contaminazione radioattiva resta tutt’oggi altissimo e gli esperti sostengono che di Chernobyl chissà quante persone devono ancora morire. Molte sono già morte, nel peggiore dei modi possibili, vedi i liquidatori.
Il ricordo di quelle vittime ha una valenza morale oltre che storica perché va oltre il mero dato, il ricordo è partecipato dal sentimento di chi c’era e ha provato qualcosa: paura, dolore, rabbia, sgomento… di chi non c’era o era troppo piccolo ma è rimasto turbato da quello stesso racconto, dalle immagini, dalle testimonianze e vuole che Chernobyl resti solo un ricordo, che tragedie simili non abbiano più a ripetersi.
Spesso si è parlato di reazioni di pancia ad ostacolare il ritorno al nucleare italiano. Ma in fondo cos’è la paura, quella repulsione al pericolo che ci colpisce allo stomaco? Non necessariamente un freno allo sviluppo. A volte nasconde un istinto alla sopravvivenza sano, un timore logico e fondato che costruire centrali nucleari sul territorio italiano, martoriato dalle mafie, violentato da rischi naturali e non di ogni tipo, non costituisca propriamente una scelta sicura per il Paese.
Fonte: www.ecologiae.comIl ricordo di quelle vittime ha una valenza morale oltre che storica perché va oltre il mero dato, il ricordo è partecipato dal sentimento di chi c’era e ha provato qualcosa: paura, dolore, rabbia, sgomento… di chi non c’era o era troppo piccolo ma è rimasto turbato da quello stesso racconto, dalle immagini, dalle testimonianze e vuole che Chernobyl resti solo un ricordo, che tragedie simili non abbiano più a ripetersi.
Spesso si è parlato di reazioni di pancia ad ostacolare il ritorno al nucleare italiano. Ma in fondo cos’è la paura, quella repulsione al pericolo che ci colpisce allo stomaco? Non necessariamente un freno allo sviluppo. A volte nasconde un istinto alla sopravvivenza sano, un timore logico e fondato che costruire centrali nucleari sul territorio italiano, martoriato dalle mafie, violentato da rischi naturali e non di ogni tipo, non costituisca propriamente una scelta sicura per il Paese.
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