Commozione e curiosità per i Riti Settennali e la processione del paesino di Guardia Sanframondi, in provincia di Benevento. Mille e duecento penitenti si sono compressi il petto scoperto con una spugna di spilli, graffiandosi e percuotendosi. Flash e telecamere da tutto il mondo, più l'incursione delle Iene
In 1200 a fare penitenza. I battenti a sangue di Guardia Sanframondi sono stati trecento di più di sette anni fa, l'ultima volta dei Riti Settennali, così come sarebbero in aumento le donne che, nascoste con pantaloni e scarpe da ginnastica, si sono unite alla processione dello spettacolare mea culpa. Per l'intera settimana parroco, sindaco e deputazioni dei rioni non hanno fatto che ricordare che si tratta di una manifestazione religiosa, il sacerdote ha addirittura cercato di tenere a bada le telecamere: "Niente applausi", mentre il primo cittadino ha stilato un decalogo distribuito a tutti gli ospiti in cui li invitava al silenzio.
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Ma anche i Settennali hanno dovuto fare i conti con l'era dei media: nella giornata conclusiva, quella in cui scorre il sangue dei penitenti del terzo millennio, nel paesino stretto tra il Matese e la valle di Telese, è arrivato anche Enrico Lucci con la troupe delle Iene e ha "messo sotto" un'anziana del paese impegnata nei Riti. Era fatale che si sarebbe acceso l'interesse dello spettacolo per il momento finale della festa dedicata all'Assunta, quando i flagellanti si percuotono con la "spugna", strumento penitenziale tempestato di spilli e ripetono l'operazione seguendo la processione per sei ore consecutive girando per il paese. Improbabile, invece, quello che pure si è detto, che Lucci si sia travestito da battente con cappuccio e saio bianco per intrufolarsi nel seguito della processione nei momenti in cui scorreva il sangue. Lontano dalla satira l'altro ospite della festa, Vittorio Sgarbi, neo soprintendente del Polo speciale museale di Venezia, un habitué: nel 2003 venne a prendersi gli strali della folla e anche quest'anno, in compagnia di appariscenti signore come allora, gli insulti l'hanno messo in fuga.
"Un rito fortemente glocal - spiega l'antropologo Marino Niola, nominato tre anni fa "ambasciatore di Guardia Sanframondi nel mondo" - considerato che è assolutamente controtendenza in una società come la nostra che considera l'immagine al primo posto. Un paese intero che fa penitenza è davvero inusuale". La troupe di Al Jazeera ha seguito con meticolose riprese gli ultimi due giorni delle processioni settimanali. Il rito si è ripetuto come ogni settennio nel paese di 5000 abitanti, che in questi giorni ha visto quadruplicata la sua popolazione con il ritorno degli emigranti, raggiungendo ieri la cifra record di 150.000 persone (6000 ogni ora fino alle 5 del mattino trasportate con le navette in cima al paese) insieme a battenti, figuranti dei Misteri e fedeli.
Dalle 8.30 i quattro rioni nell'ordine, Croce, Portella, Fontanella e Piazza sono confluiti al santuario dell'Assunta, il punto più a sud della processione. Al termine della messa officiata sul sagrato davanti migliaia di fedeli da dieci parroci, la statua della Madonna è stata portata fuori dalla chiesa: i 1200 battenti fino a poco prima nascosti in chiesa dove era rigorosamente vietato l'accesso a curiosi non penitenti, seguivano il primo rione, Croce ed erano a loro volta seguiti dagli altri borghi. All'uscita dalla chiesa, dopo il suono delle due campanelle trovate secondo la leggenda insieme alla statua della Madonna al tempo di Carlo Magno, il capo dei battenti ha gridato "con fede e coraggio in nome dell'Assunta battetevi" e si sono sentiti tre tonfi: i primi colpi della penitenza, forti come spari.
Alle 11 la temperatura aveva già superato i 30 gradi e in piazza si sono avuti i primi malori tra la folla. Centinaia i figuranti che hanno sfilato: angeli, demoni, santi, personaggi biblici e storici, egiziani e abissini, atei e beati, miscredenti e persecutori della fede. Dall'inizio dei secoli, sin da Adamo ed Eva, fino a oggi, con la martire ebrea-cristiana Edith Stein e il parroco di Casal di Principe vittima della camorra don Diana, aggiunti quest'anno ai quadri plastici, 25 per ciascun rione. A proposito delle ultime polemiche animaliste sugli animali usati per le feste patronali, i guardiesi sono stati sensibili con le pecore (hanno usato quelle finte), ma non con il cane di San Rocco, che sfilava impaurito e assetato sull'asfalto rovente in chiaro dissenso con l'"estasi" mostrata da tutti i figuranti.
Una sfilata della condivisione di una comunità che anche nella coreografia della festa si identifica: abiti presi in affitto nelle sartorie di Cinecittà, ma accessori realizzati in paese dagli ultimi artigiani, come la ruota del martirio di Santa Brigida, un capolavoro di opera del tornio. Come sempre commozione e curiosità per i battenti, che per sei ore si sono compressi il petto scoperto con gli spilli, graffiandosi e percuotendosi. Poche le donne che erano più numerose nell'altra comunità di penitenti che partecipa alle processioni, quella dei flagellanti, che si picchia la schiena con la "disciplina", fatta di lamine di metallo. I battenti a sangue usano una spugna che produce ai lati del petto un "sole rosso" sanguinante e ogni tanto un addetto bagna le spugne con il vino, che ha funzioni anestetizzanti. C'era vento e i battenti si giravano di spalle a ogni raffica: le ferite si seccano e sono soggette a spaccarsi, con ancora più dolore.
L'altro momento ripreso da tutte le telecamere affollate nello spazio ristretto è stato in piazza Castello, il punto più a nord dove è avvenuto l'incontro tra la Madonna e i battenti, che sono caduti tutti in ginocchio appena il corteo ha incrociato la statua. Giunta al punto più a est, all'arrivo del primo stendardo di Guardia Sanframondi, dalla chiesa è stato sparato un colpo di mortaio. Alle 14.30 la processione è approdata alla chiesa del rione Fontanelle nella parte nuova del paese, dove le vie di fuga aumentano: lì i battenti per non farsi identificare si sono dispersi come ogni volta, nelle stradine laterali e sono andati a casa a cambiarsi. Hanno disinfettato le ferite, un bel cerotto e sono tornati per strada: nessuno sa chi ha scelto di fare penitenza e se anche lo sapesse, non rivelerebbe le loro identità.
Fonte: La Repubblica
In 1200 a fare penitenza. I battenti a sangue di Guardia Sanframondi sono stati trecento di più di sette anni fa, l'ultima volta dei Riti Settennali, così come sarebbero in aumento le donne che, nascoste con pantaloni e scarpe da ginnastica, si sono unite alla processione dello spettacolare mea culpa. Per l'intera settimana parroco, sindaco e deputazioni dei rioni non hanno fatto che ricordare che si tratta di una manifestazione religiosa, il sacerdote ha addirittura cercato di tenere a bada le telecamere: "Niente applausi", mentre il primo cittadino ha stilato un decalogo distribuito a tutti gli ospiti in cui li invitava al silenzio.
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Ma anche i Settennali hanno dovuto fare i conti con l'era dei media: nella giornata conclusiva, quella in cui scorre il sangue dei penitenti del terzo millennio, nel paesino stretto tra il Matese e la valle di Telese, è arrivato anche Enrico Lucci con la troupe delle Iene e ha "messo sotto" un'anziana del paese impegnata nei Riti. Era fatale che si sarebbe acceso l'interesse dello spettacolo per il momento finale della festa dedicata all'Assunta, quando i flagellanti si percuotono con la "spugna", strumento penitenziale tempestato di spilli e ripetono l'operazione seguendo la processione per sei ore consecutive girando per il paese. Improbabile, invece, quello che pure si è detto, che Lucci si sia travestito da battente con cappuccio e saio bianco per intrufolarsi nel seguito della processione nei momenti in cui scorreva il sangue. Lontano dalla satira l'altro ospite della festa, Vittorio Sgarbi, neo soprintendente del Polo speciale museale di Venezia, un habitué: nel 2003 venne a prendersi gli strali della folla e anche quest'anno, in compagnia di appariscenti signore come allora, gli insulti l'hanno messo in fuga.
"Un rito fortemente glocal - spiega l'antropologo Marino Niola, nominato tre anni fa "ambasciatore di Guardia Sanframondi nel mondo" - considerato che è assolutamente controtendenza in una società come la nostra che considera l'immagine al primo posto. Un paese intero che fa penitenza è davvero inusuale". La troupe di Al Jazeera ha seguito con meticolose riprese gli ultimi due giorni delle processioni settimanali. Il rito si è ripetuto come ogni settennio nel paese di 5000 abitanti, che in questi giorni ha visto quadruplicata la sua popolazione con il ritorno degli emigranti, raggiungendo ieri la cifra record di 150.000 persone (6000 ogni ora fino alle 5 del mattino trasportate con le navette in cima al paese) insieme a battenti, figuranti dei Misteri e fedeli.
Dalle 8.30 i quattro rioni nell'ordine, Croce, Portella, Fontanella e Piazza sono confluiti al santuario dell'Assunta, il punto più a sud della processione. Al termine della messa officiata sul sagrato davanti migliaia di fedeli da dieci parroci, la statua della Madonna è stata portata fuori dalla chiesa: i 1200 battenti fino a poco prima nascosti in chiesa dove era rigorosamente vietato l'accesso a curiosi non penitenti, seguivano il primo rione, Croce ed erano a loro volta seguiti dagli altri borghi. All'uscita dalla chiesa, dopo il suono delle due campanelle trovate secondo la leggenda insieme alla statua della Madonna al tempo di Carlo Magno, il capo dei battenti ha gridato "con fede e coraggio in nome dell'Assunta battetevi" e si sono sentiti tre tonfi: i primi colpi della penitenza, forti come spari.
Alle 11 la temperatura aveva già superato i 30 gradi e in piazza si sono avuti i primi malori tra la folla. Centinaia i figuranti che hanno sfilato: angeli, demoni, santi, personaggi biblici e storici, egiziani e abissini, atei e beati, miscredenti e persecutori della fede. Dall'inizio dei secoli, sin da Adamo ed Eva, fino a oggi, con la martire ebrea-cristiana Edith Stein e il parroco di Casal di Principe vittima della camorra don Diana, aggiunti quest'anno ai quadri plastici, 25 per ciascun rione. A proposito delle ultime polemiche animaliste sugli animali usati per le feste patronali, i guardiesi sono stati sensibili con le pecore (hanno usato quelle finte), ma non con il cane di San Rocco, che sfilava impaurito e assetato sull'asfalto rovente in chiaro dissenso con l'"estasi" mostrata da tutti i figuranti.
Una sfilata della condivisione di una comunità che anche nella coreografia della festa si identifica: abiti presi in affitto nelle sartorie di Cinecittà, ma accessori realizzati in paese dagli ultimi artigiani, come la ruota del martirio di Santa Brigida, un capolavoro di opera del tornio. Come sempre commozione e curiosità per i battenti, che per sei ore si sono compressi il petto scoperto con gli spilli, graffiandosi e percuotendosi. Poche le donne che erano più numerose nell'altra comunità di penitenti che partecipa alle processioni, quella dei flagellanti, che si picchia la schiena con la "disciplina", fatta di lamine di metallo. I battenti a sangue usano una spugna che produce ai lati del petto un "sole rosso" sanguinante e ogni tanto un addetto bagna le spugne con il vino, che ha funzioni anestetizzanti. C'era vento e i battenti si giravano di spalle a ogni raffica: le ferite si seccano e sono soggette a spaccarsi, con ancora più dolore.
L'altro momento ripreso da tutte le telecamere affollate nello spazio ristretto è stato in piazza Castello, il punto più a nord dove è avvenuto l'incontro tra la Madonna e i battenti, che sono caduti tutti in ginocchio appena il corteo ha incrociato la statua. Giunta al punto più a est, all'arrivo del primo stendardo di Guardia Sanframondi, dalla chiesa è stato sparato un colpo di mortaio. Alle 14.30 la processione è approdata alla chiesa del rione Fontanelle nella parte nuova del paese, dove le vie di fuga aumentano: lì i battenti per non farsi identificare si sono dispersi come ogni volta, nelle stradine laterali e sono andati a casa a cambiarsi. Hanno disinfettato le ferite, un bel cerotto e sono tornati per strada: nessuno sa chi ha scelto di fare penitenza e se anche lo sapesse, non rivelerebbe le loro identità.
Fonte: La Repubblica
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